Non calpestare i fiori

Uno spettacolo sulla costituzione con gli attori-detenuti del carcere di Saluzzo
i fiori della costituzione

Gli attori-detenuti del carcere di Saluzzo tornano in scena con lo spettacolo “Non calpestare i fiori”, diretto da Grazia Isoardi della compagnia Voci Erranti. Gli spettatori saranno gli alunni di diverse scuole della provincia di Cuneo e gli studenti e docenti del corso di laurea in Scienze dell’educazione dell’Università di Torino. Tema dello spettacolo sono i principi della Costituzione italiana: un argomento insolito e forse paradossale per un gruppo di persone che sono andate contro tali principi.

 

La continua richiesta di poter assistere allo spettacolo da parte delle realtà scolastiche piemontesi evidenzia il bisogno di conoscere ed approfondire il tema della Costituzione, la necessità da parte dei giovani di ritrovare i fondamenti del vivere civile e di confrontarsi sui loro significati. Ma anche di confrontarsi con la realtà carceraria di cui tanto si sente parlare dai media e di cui si conosce in realtà troppo poco. Non è cosa solita parlare di legalità, diritti, doveri e libertà all’interno di un carcere, e ancor meno che la realtà scolastica entri dentro le mura della reclusione. I detenuti, nella piena consapevolezza di aver calpestato i fiori – ovvero i principi – della Costituzione, non hanno nulla da insegnare a riguardo, ma desiderano testimoniare l’importanza del conoscere la Costituzione del proprio Paese, il bel giardino di tutti, i cui fiori sono patrimonio da difendere ed amare.

 

«Si sa che l’ignoranza è una forma pericolosa di povertà intellettuale, che sfocia facilmente in quella morale – spiega la regista Grazia Isoardi – e che l’egoismo e l’avidità portano facilmente a sentirci padroni della realtà. La scelta dell’allestimento è nata da una semplicissima osservazione: il tatuaggio di una bandiera italiana sul corpo di un detenuto. Che cosa rappresenta tale simbolo all’interno di un carcere? I detenuti si sentono cittadini? E i detenuti stranieri conoscono la Costituzione? Quale significato hanno per un recluso parole come uguaglianza, diritti, sovranità del popolo, limiti, lavoro? Abbiamo letto e discusso il testo portando ognuno il proprio bagaglio di vita, e condiviso il bisogno di conoscere e partecipare per contribuire a formare un’identità nazionale e perseguire il bene comune. Ci siamo anche detti che un bel giardino è patrimonio di tutti, e che tutti dobbiamo avere cura dei suoi fiori».

 

Il percorso fatto in carcere fa parte di un laboratorio teatrale della casa di reclusione che termina con uno spettacolo aperto al pubblico, a conclusione di un percorso artistico e come occasione di incontro con la realtà che sta fuori dalle mura. Il gruppo, formato da venti detenuti italiani e stranieri, affronta ogni anno un programma impegnativo di formazione attoriale che ha come obiettivo finale la messa in scena di un tema che rappresenta l’essenza di ciò che il gruppo ha vissuto e condiviso durante il percorso. E quest’anno sono emersi pensieri e preoccupazioni riguardo le difficoltà del vivere in carcere, così come nella società. I temi del diritto al lavoro, alla libertà, alla cultura, al rispetto delle minoranze, all’uguaglianza, hanno portato il gruppo a confrontarsi con i principi della Costituzione Italiana.

 

Ecco le testimonianze raccolte da alcuni attori-detenuti.

«Fare laboratorio teatrale in carcere – dice Stefano – ha rappresentato per me, negli anni, un’opportunità di verità con me stesso. Ho imparato a conoscermi e ad accettarmi con tutti i miei limiti e difetti, ed è nato in me il desiderio di migliorare e di crescere. Ogni spettacolo rappresentato è stato una tappa della mia vita. Mi sono diplomato al liceo scientifico con buoni voti, eppure non avevo mai letto la Costituzione italiana».

«I principi della nostra Costituzione sono sacrosanti – spiega Alberto – invidiati dal mondo intero. Vorrei che venissero applicati nella vita quotidiana in generale ed in particolare nell’istituzione carceraria. Vedo molta discrepanza tra la Costituzione e la pratica della legge».

«Il carcere oggi – conclude Davide – è un agglomerato di realtà molto diverse per razza, religioni, usanze. Sapere che uno dei principi fondamentali riguarda l’uguaglianza e la tolleranza verso le minoranze mi ha aiutato ad essere più disponibile a capire i miei compagni di detenzione, imparando anche ad apprezzare la costanza e l’assiduità nella pratica religiosa».

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