Movimento parrocchiale, una comunità pasquale

Si tratta di una realtà, nata in seno al Movimento dei Focolari, come frutto dell’incontro tra la spiritualità dell’unità e la Chiesa locale, a partire dai suoi organismi più piccoli, da quelle sue cellule vive che sono le parrocchie.
Movimento diocesano

L’esperienza del Movimento parrocchiale va letta nel contesto più ampio costituito da quel fenomeno nuovo che è la compresenza oggi nella Chiesa locale di istituzioni giuridiche territoriali, quali sono le parrocchie e le diocesi, e di nuove forme associative quali sono i nuovi movimenti e le comunità ecclesiali[1].

 

Parrocchia e movimenti

In vari documenti del Magistero, anche recenti, si sta insistendo su un rilancio della parrocchia, rilevandone l’attuale momento di incertezza e di ricerca, ma ribadendone anche la necessità come luogo essenziale della presenza ecclesiale sul territorio e quindi come cellula fondamentale della Chiesa stessa. Allo stesso tempo non si può negare che la crisi esiste, nonostante i vari tentativi pastorali lanciati per un suo rinnovamento.

 

Sull’altro versante i movimenti, definiti “nuove irruzioni dello Spirito Santo[2] nella Chiesa, si stanno sviluppando con un vigore e una vivacità evidenti, arrivano a coinvolgere una vasto strato della popolazione che sovente la parrocchia non riesce più a raggiungere, ma sembrano a volte togliere spazio e forze alla parrocchia.

 

Il rapporto fra le queste due realtà non può essere dialettico ma complementare e va vissuto in sintonia e sinergia: “Ambedue sono co-essenziali alla costituzione divina della Chiesa, fondata da Gesù, perché concorrono insieme a rendere presente il mistero di Cristo e la sua opera salvifica nel mondo[3]. Benedetto XVI nel primo incontro col clero della diocesi di Roma, ha ricordato il “fecondo insieme – già creato durante il Pontificato di Papa Giovanni Paolo II – tra l’elemento costante della struttura parrocchiale e l’elemento, cosiddetto ‘carismatico’, che offre nuove iniziative, nuove ispirazioni, nuove animazioni. E ha invitato i parroci ad essere“responsabili della crescita della parrocchia, assumendo tutti gli elementi che possono venire dai movimenti e dalla realtà vissuta della Chiesa in diverse dimensioni[4].

Su questo sfondo e nell’interazione che ne segue si colloca l’esperienza del Movimento parrocchiale.

 

Una spiritualità di comunione per la parrocchia

L’inizio del Movimento parrocchiale è stato semplice e spontaneo. Molti parroci, venuti a contatto con la spiritualità del Movimento dei Focolari, si resero conto che essa poteva dare un nuovo slancio e un volto ravvivato alle loro comunità parrocchiali, poteva aiutarle a diventare sempre più Chiesa-comunione.

Furono incoraggiati in questo impegno da Paolo VI che, rivolgendosi a loro durante un’udienza nel 1966, li invitò a portare lo spirito dell’unità nelle loro comunità. Quello stesso anno Chiara Lubich, che sentiva più forte che mai la passione per la Chiesa, invitò i parroci, aderenti al Movimento, a partecipare insieme ai loro parrocchiani ad un raduno nell’allora Centro Mariapoli di Roma. Giunsero numerosi da varie parti e rimasero entusiasti della vita evangelica e dello spirito dell’unità che vi sperimentarono. La notizia si diffuse e gli incontri per le parrocchie si moltiplicarono. Nacque così una nuova espressione dei Focolari: il Movimento parrocchiale.

 

Esso intende ravvivare la vita della comunità parrocchiale testimoniando e irradiando la spiritualità dell’unità e concorrere così a “fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione”, in sintonia con quanto scritto da Giovanni Paolo II: “prima di programmare iniziative concrete occorre promuovere una spiritualità di comunione” (NMI 43).

La spiritualità del Movimento dei Focolari è decisamente una spiritualità di comunione; una spiritualità che guarda al fratello come via per arrivare a Dio (cf. 1 Gv 4, 20-21) e che mette alla base l’amore reciproco vissuto fino a meritare l’unità chiesta da Gesù al Padre. Vede in Gesù sulla croce abbandonato, che in una solitudine e sofferenza tremenda ha continuato ad amare, creando così l’unità degli uomini con Dio e fra loro, il modello sublime di chi vuol costruire la comunione.

 

Il primo contributo che il Movimento parrocchiale intende offrire alla parrocchia è irradiare questo spirito nelle comunità parrocchiali. Ma nessuno può dare quello che non ha. Per questo i membri che ne fanno parte si nutrono anzitutto della spiritualità del Movimento dei Focolari, partecipano alla sua vita e agli incontri formativi che esso propone, per fare loro per primi una esperienza concreta di comunione con le esigenze e i passi che essa comporta.

Allo stesso tempo si mettono, secondo le loro possibilità, a servizio della parrocchia, inseriti nei vari ambiti che sono loro affidati. Molti sono catechisti, ministri dell’Eucaristia, membri del consiglio degli affari economici, di quello pastorale, fanno parte delle varie commissioni, o sono impegnati nelle diverse iniziative e attività parrocchiali. Svolgono il loro servizio irradiando lo spirito di fraternità.

 

Volendo comunicare una spiritualità essi non portano un’organizzazione nuova ma un’anima, uno spirito. Trovano nella parrocchia le strutture, gli organismi e le attività in cui operare e le linee pastorali da seguire e si muovono in accordo con i parroci. Vogliono essere “lievito di comunione” come ha loro augurato Giovanni Paolo II[5]. Intendono contribuire con la testimonianza della vita e con la parola a far sì che nella comunità regni sempre più una clima fraterno, un’atmosfera di famiglia, cercando di sciogliere con l’amore disinteressato le barriere e i contrasti che eventualmente potessero sorgere e valorizzando il positivo che c’è in ognuno. In tal modo la comunità diventa poco a poco quella Chiesa-comunione che tutti auspicano.

 

La presenza di Gesù risorto in mezzo al suo popolo

Una Chiesa-comunione che gode della presenza viva di Gesù. Infatti quando l’amore reciproco regna nella comunità si realizza la sua promessa: “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome ivi sono io in mezzo a loro” (Mt 18, 20). Allora la comunità manifesta realmente il suo vero essere: Corpo mistico di Cristo. E questo è importante perché “la presenza di Gesù costituisce il volto profondo della Chiesa, come di ogni comunità cristiana[6].

 

Già Paolo VI parlando ad una parrocchia di Roma diceva:“Per il fatto che noi ci troviamo insieme congregati nel nome di Cristo, uniti in Lui, noi già possediamo la sua presenza. Cristo è qui: la parrocchia attua la sua presenza in mezzo ai fedeli e in tal modo lo stesso popolo cristiano diventa, si può dire, sacramento, segno sacro della presenza del Signore[7].

È l’invito rivolto recentemente da Benedetto XVI ai membri del Movimento parrocchiale: “Siate segno di Cristo Risorto nelle vostre comunità e negli ambienti di vita[8].

 

L’impegno del Movimento parrocchiale è mettere le premesse che danno modo alla presenza di Gesù di manifestarsi nella comunità. Nota Chiara Lubich “La comunità è Gesù presente, ma – attenzione! – lo è e lo dimostra solo se i cristiani sia amano, nell’amore vissuto[9]. È un l’impegno primordiale perché la parrocchia sia una comunità pasquale, “Chiesa-viva dove tutti trovano Dio, Gesù[10].  Un parroco racconta: “Ho capito che Gesù in mezzo deve essere l’obiettivo del mio lavoro pastorale. Oggi posso dire che Lui fra noi sta portando frutti sorprendenti anche in parrocchia. Dopo che mi sono messo in questo atteggiamento con alcuni animatori è nato un incontro di 42 giovani, quando prima non riuscivo; eravamo a corto di catechisti e due signore si offrono a farlo; non c’era un coro e ora è nato… le comunioni si sono raddoppiate… Ho una grande gioia”.

 

Un animatore parrocchiale comunica la sua scoperta:“Per me la presenza Gesù in mezzo alla comunità è la ‘novità’ destinata a rinnovare la Chiesa a cominciare dalla parrocchia. Mi sono reso conto che tanti altri mezzi e iniziative assorbono molto tempo ed energie ma passano senza portar frutti duraturi. Vale la pena quindi puntare totalmente e prima di ogni altra cosa su di Lui”.

 

Una comunità che vive la Parola

Sappiamo che “la comunità si forma innanzitutto attorno alla Parola[11], e che “l’annuncio della Parola crea comunione e realizza la gioia” (VD 123).Una delle caratteristiche del Movimento dei Focolari è la riscoperta del Vangelo come codice di vita. Fin dagli inizi si è trovato un modo semplice per attuarlo: la Parola di vita. Si tratta di una frase della Scrittura, presa sovente dalla Liturgia, con un breve commento di Chiara Lubich che aiuta a incarnarla nel quotidiano. Viene letta insieme, in un clima di amore fraterno perché Gesù, Parola viva, sia presente, e si mettono in comune le esperienze fatte.

 

La comunicazione di quanto si è vissuto si diffonde ampiamente e provoca poco a poco una evangelizzazione della comunità intera. Sono numerose le parrocchie dove si fanno incontri della Parola di vita aperti a tutti, ripetuti poi nelle case e nei quartieri: gli echi che giungono manifestano quanto siano fruttuosi per un rinnovamento della vita cristiana dei singoli e della comunità.  Uno dei partecipanti commenta: L’incontro della Parola di vita di ieri sera è stato straordinario! Abbiamo parlato della nostra vita alla luce della Parola e costatato com’è difficile la rinuncia alle cose materiali al distacco dai propri cari. In questo clima di confidenza abbiamo trovato la risposta a tante nostre domande”.

 

E da un’altra parrocchia scrivono: Di mese in mese la Parola di vita sta penetrando in sempre più in numerose persone della città e dei villaggi attorno. Negli anni si sono formati 30 punti di incontro con circa 600 persone, distribuiti nei diversi rioni della città e fuori. All’inizio del mese i perni di questi gruppi s’incontrano con il parroco per approfondire insieme la nuova Parola e preparare gli incontri. Oltre a questo, 400 copie del giornalino parrocchiale, che comprende anche il commento della Parola di vita, sono distribuite ogni mese nelle chiese. Il commento non lascia nessuno indifferente e la comunicazione delle esperienze coinvolge tutti. Si creano rapporti fraterni, nascono piccole comunità vive dove si sperimenta la forza di Gesù presente fra i suoi.

 

Organismi e attività illuminati dall’amore

I focolarini non vogliono portare nessuna innovazione se non quella dell’amore che sanno capace di cambiare la faccia della terra”, scriveva Chiara[12] L’amore è una forza rivoluzionaria che riscalda e vivifica. È l’esperienza che il Movimento parrocchiale fa quando lo diffonde nei diversi ambiti della vita parrocchiale: essi acquistano nuova vitalità se animati dall’amore e dall’unione fraterna.  Un primo effetto: nasce la condivisione dei beni, per cui i ricchi danno, sentendosi solo amministratori di quanto posseggono, e i poveri ricevano, coscienti di esser anche loro figli di un Dio che provvede agli uccelli dell’aria e veste i gigli del campo.Precisava san Paolo: “Non si tratta… di mettere in ristrettezza voi per sollevare gli altri, ma di fare uguaglianza” (2 Cor 8, 13). .

 

Il Movimento parrocchiale, avendo di mira l’unità, aiuta la comunità parrocchiale a vivere una comunione effettiva dei beni anche materiali, dandone prima l’esempio. Diffonde la “cultura del dare, che si oppone alla “cultura dell’avere, invita alla sobrietà e alla gratuità:“Mi colpì moltissimo questa frase: ‘quello che non ti è necessario è degli altri’. Di oggetti non necessari ne avevo molti… Mi staccai da alcuni donandoli… (mi aiutò la Parola del Vangelo: ‘Chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha’). Per promuovere la cultura del dare fra parenti e amici ho organizzato un mercatino di oggetti donati per aiutare i poveri in un paese di missione. In parrocchia cerco di promuovere iniziative di solidarietà: mio marito, che non aveva mai tempo per queste cose, da qualche anno prepara il pranzo di Natale per gli anziani e i poveri. Anche mio papà collabora a queste iniziative.

 

In questo clima il consiglio per gli affari economici non si limita ad una accurata amministrazione delle risorse della parrocchia, ma guarda anche alla necessità più urgenti delle persone e sostiene le iniziative orientate a far circolare i beni come nella prima comunità cristiana dove “nessuno era indigente” (cf. Atti 4, 34).

Nell’attività pastorale si parte con “l’arte di amare” colta dal Vangelo: amare tutti amare per primi, amare il nemico, farsi uno col fratello, amare Gesù nel prossimo, amarsi a vicenda[13]. Scrive don Cosimino: “Cominciai cercando di far diventare ogni mio contatto con le persone un momento di Dio, un’occasione per amare, per stabilire rapporti veri, vedendo Gesù in loro senza distinzione tra ricco e povero, colto e ignorante, adulto e bambino. Notati subito che quando mi mettevo nell’amore, qualcosa passava da me agli altri, mentre quando non amavo dentro di me restava il vuoto e negli altri una certa delusione[14].

 

Come via privilegiata per evangelizzare si punta sulla testimonianza dell’unità e della concordia fra gli operatori pastorali. come invita il Vangelo: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 35) e “tutti siamo una cosa sola perché il mondo creda…”(Gv 17, 21). Questo atteggiamento si riflette anche sul consiglio pastorale che non è visto in primo luogo quale organo di programmazione della vita della parrocchia, ma palestra della comunione fra tutti i suoi componenti e le realtà che essi rappresentano. Un parroco conferma:“Il nostro consiglio pastorale è un vero laboratorio di comunione tra tutte le presenze di gruppi e movimenti esistenti in parrocchia e lo stile del dialogo diviene anche metodo.

 

In alcune parrocchie si dedica un primo momento del consiglio pastorale (1/4 d’ora) per creare una clima di amore fraterno e di dialogo, servendosi di documenti della Chiesa o di scritti spirituali che invitano all’unità. Su questa base si è visto che diventa più facile, e anche più rapido, programmare attività che incidono e producono vita, perché sono frutto della luce che scaturisce dall’unità. L’assemblea domenicale diventa il momento dell’incontro di tutta la parrocchia che si riunisce per essere anzitutto “Cristo esistente come comunità[15], per nutrirsi della Parola e di Lui Eucaristia che la rende un solo Corpo. È frequente ascoltare da persone, che partecipano casualmente ad una di queste Messe domenicali, frasi come queste: “Qui ho trovato una famiglia”, “Mi sono sentito a casa”, “Ho sperimentato la presenza di Dio”, “Ho sentito la spinta a confessarmi dopo anni”.

 

I malati, “veri ostensori viventi” perché in essi si palesa il volto di Gesù crocifisso e abbandonato, diventano centro di attenzione e cura da parte della comunità, come in una famiglia. La catechesi si trasforma in scuola di vita basata sulla Parola di Dio vissuta. Spesso si propone ai ragazzi una Parola da vivere in sintonia con il tema trattato e poi nella lezione successiva raccontano come l’hanno vissuta. Tante volte i bambini nella loro semplicità la trasmettono ai loro genitori, che restano conquistati.

 

Apertura ai dialoghi e alla universalità

La spiritualità dell’unità ha come meta la realizzazione del testamento di Gesù. Da qui scaturisce la necessità del dialogo con tutti e l’apertura all’intera umanità. Il Movimento parrocchiale trasmette alle comunità la fruttuosa esperienza di dialogo fatta dal Movimento dei Focolari: un dialogo a 360 gradi, orientato alla conoscenza, all’ascolto, alla comprensione dei valori di ognuno, superando pregiudizi e affrettate valutazioni.

 

Un dialogo che tende a suscitare rapporti d’amicizia e mira alla fraternità universale, prendendo come modello e icona quell’amore disinteressato e radicale che Gesù ha insegnato e vissuto. Se poi l’altro lo desidera si offre la propria esperienza ma come un dono, secondo l’espressione usata da Giovanni Paolo II: un “rispettoso annuncio” (cf. NMI 56).

Tale dialogo interessa profondamente le parrocchie e le diocesi che sempre più risentono della mobilità delle persone, della molteplicità dei raggruppamenti e della varietà di culture e religioni presenti nel territorio.

 

I membri del Movimento parrocchiale sono impegnati a far crescere la comunione fra i vari gruppi, associazioni e movimenti, volendo “amare l’altrui movimento come il proprio”. Sostengono le iniziative di dialogo della parrocchia con cristiani delle altre Chiese, con fedeli di altre religioni ed anche con persone di convinzioni non religiose. E la comunità si apre ad una dimensione universale. I membri di comunità parrocchiale, dopo aver descritto i vari percorsi di integrazione attuati, aggiungono: “In questi anni abbiamo potuto fare l’esperienza che convivere tra persone di religione, cultura ed educazione diverse è possibile: pregiudizi e diffidenze sono stati superati mediante la conoscenza reciproca e l’ascolto. Ci siamo resi conto che alimentando questo dialogo rispettoso, fatto anche di reciproci gesti di accoglienza e di comune impegno per progetti concreti, aiutiamo la nostra società a progredire nella via della pace”.

 

Vorremmo riportare a questo punto alcuni orientamenti pastorali che ha adottato una comunità ispirata al carisma del Movimento: quella di Carpi (Modena). Li descrive il parroco: “Per indicare il camino della nostra parrocchia abbiamo inventato uno slogan. È composto da due frasi. La prima: ‘Una parrocchia che non chiede … ma dà’. Che cosa non chiede? Non chiede privilegi né attenzione, non pretende d’essere ascoltata nelle sue proposte, non si adira se viene rifiutata. Piuttosto lei vuole dare attenzione, un’attenzione vera, cioè guardare ogni persona nella luce di Dio. Vuole dare ascolto (partecipare alle vicende delle persone, soprattutto se dolorose) ed ogni altro aiuto possibile. Ecco la seconda mèta: ‘Una parrocchia che non chiama … ma và’.

 

Non chiama… cioè non preme sulle persone, non insiste per farle partecipare, non pretende che si accettino i suoi inviti, ma si fa prossimo ad ogni persona (lei per prima va verso gli altri), vuole amare per prima, si muove per andare incontro alle persone dove esse vivono, vuole mettere in rilievo i valori, anche solo umani, che vediamo vissuti.

 

Abbiamo delineato a grandi tratti l’esperienza del Movimento parrocchiale. Un’esperienza che attualmente si realizza in alcune migliaia parrocchie sparse nei vari continenti. Venendo a contatto con le loro comunità si sperimenta quell’atmosfera tipica di amore fraterno che rivela la presenza di Dio. Viene in rilievo il volto materno, mariano della Chiesa, perché, come Maria, la comunità unita genera Gesù in mezzo al suo popolo.

 

 



[1] Sul contributo del Movimento parrocchiale al rinnovamento della parrocchia vedi anche C. Lubich, L’esperienza del Movimento dei Focolari, in Pontificium Consilium pro Laicis, La Parrocchia ritrovata. Percorsi di rinnovamento, Editrice Vaticana, Roma 2007, pp. 201-213.

[2] J. Ratzinger, I movimenti ecclesiali e la loro collocazione teologica, in Pontificium Consilium pro Laicis, I movimenti nella Chiesa, Città del Vaticano 1999, p. 25.

[3] Giovanni Paolo II, Messaggio al congresso mondiale dei movimenti ecclesiali, 27 maggio 1998, in Pontificium Consilium pro Laicis, I movimenti nella Chiesa, Città del Vaticano 1999, p. 18.

[4] Benedetto XVI, Discorso al clero della diocesi di Roma, 13 maggio 2005.

[5] Giovanni Paolo II, Saluto agli animatori del Movimento parrocchiale, Angelus in Piazza S. Pietro, Roma, 15 maggio 1996.

[6] C. Lubich, L’esperienza del Movimento dei Focolari, cit., p. ?.

[7] Paolo VI, Discorso alla parrocchia di Ognissanti, Roma, 7 marzo 1965.

[8] Benedetto XVI, Saluto all’Angelus, 5 giugno 2005.

[9] C. Lubich, Gesù in mezzo a noi, in Gen’s 2 (2005) 37.

[10] Id., Intervista a M. Cohen, 1991.

[11] Giovanni Paolo II, Discorso alla parrocchia di San Giuseppe Cafasso, Roma, 1 febbraio 1981.

[12] C. Lubich, Una via nuova. La spiritualità dell’unità, Città Nuova, Roma 2007, p. 149.

[13] Cf. Id., L’arte di amare, Città nuova, Roma 20087.

[14] F. Cardinali, Cosimino Fronzuto. Una vita per l’unità, Città Nuova, Roma 1992, pp. 56-57.

[15] D. Bonhoeffer, cit. da P. Coda, Per una teologia della comunità, in Gen’s 3 (1995) 861?.

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