Modernità e democrazia

Abbiamo tutti un gran bisogno di modernità, nel senso bello e pulito del termine, forse sarebbe meglio dire di novità. Di novità che raccolgano le istanze legittime di un Paese un po’ stanco di essere considerato sempre fanalino di coda in Europa; ma stanco soprattutto di dover scontare ataviche manchevolezze e deficienze (si chiamano in gergo strutturali) del sistema sociale, non facilmente addebitabili (al di là di ogni strumentalizzazione demagogica) all’uno e/o all’altro dei governi che si sono succeduti nel tempo. E allora ecco il recente decreto emanato dal governo battezzato Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, dove molte e pretenziose sono le finalità con esso perseguite (ed in sé tutte condivisibili ed apprezzabili): la libertà di scelta del cittadino consumatore, un mercato più concorrenziale, la creazione di nuovi posti di lavoro e via di seguito. C’è ovviamente chiedersi se tante attese potranno essere soddisfatte in concreto. In effetti se il cittadino (riduttivamente definito con l’espressione consumatore) può disporre nella scelta dei prodotti o dei servizi (quali che essi siano, anche di quelli prestati da un conduttore di taxi) di una gamma più articolata e variegata o se può fare a meno di inutili lacci e lacciuoli o di inique vessazioni qualora debba intestare ad altro soggetto la propria autovettura o la barca a motore, la cosa in sé sembrerebbe oggettivamente arrecargli un beneficio. Il decreto consente ad esempio la commercializzazione dei farmaci da banco (la classica aspirina) e di tutti quelli per i quali non è necessaria la prescrizione medica anche in un supermercato, in più con un eventuale sconto sul prezzo praticato da parte del distributore al dettaglio. Inoltre il decreto – proprio con il dichiarato intento di assicurare ai consumatori un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilità all’acquisto di prodotti e servizi – svincola da una serie di limiti e prescrizioni, finora in vigore, le attività economiche di distribuzione commerciale, ivi comprese le somministrazioni di alimenti e bevande. Ci si può domandare se l’accresciuta concorrenza tra tutti i potenziali prestatori di un servizio o produttori di una merce ne garantisca anche con certezza la qualità. Ai fini di una tutela effettiva del cittadino bisogna forse sforzarsi di non appiattirsi solo sui profili economici delle complessive istanze dal medesimo avanzate, e distaccarsi da una visione centrata sulla sola dimensione consumistica. Ciò potrebbe inoltre aiutare a tenere in debita considerazione anche le aspettative di quelle categorie (come commercianti, tassisti, farmacisti, panificatori, ecc…) che, per effetto dell’abolizione di talune restrizioni, possono risultare direttamente o indirettamente colpite dal provvedimento di cui si discute. È sì vero che, dinanzi ad un prevalente interesse di carattere generale e collettivo, quello portato dal singolo può anche abdicare e cedere il passo; ma in ogni caso deve essere assicurato il rispetto delle regole di ogni buona democrazia, fondate sul dialogo (che è stato opportunamente già avviato) e sull’analisi meditata e concertata di tutti i variegati interessi in gioco (per fortuna di natura non solo economica), posti dietro quelle stesse regole.

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