Mille soli al di là delle nuvole

Intervista a don Michele Fusco parroco di Atrani sulla situazione del paese. Su Facebook i pensieri di Francesca Mansi, la ragazza dispersa.
Disastro Atrani

Mi reco spesso nella costiera amalfitana, non come turista, ma come papà e nonno e mi immergo sempre in questo paradiso unico, che degrada tra cielo mare e montagna, con opere preziosissime dell’uomo e della natura. La Costiera Amalfitana, detta anche Divina Costiera, estendendosi per circa 50 chilometri, racchiude al suo interno una serie di meravigliose località che vanno da Vietri sul Mare fino a Positano e agli incantevoli borghi e cittadine delle zone interne. Zone così incontaminate, nelle quali le bellezze naturali e paesaggistiche hanno mantenuto intatto il loro originario splendore, che l’Unesco le ha addirittura dichiarate  patrimonio culturale e mondiale dell’umanità.

 

Ma vi è anche una stridente contraddizione tra l’idilliaca descrizione appena fatta e la quotidianità di un territorio che non sempre può godere appieno di questa sua bellezza (mancanza di viabilità, di parcheggi, di trasporti, ecc.). Ecco allora che in un pomeriggio di settembre, ancora invaso dal turismo, può accadere quello che si teme sempre, ma che non si aspetta mai.

 

Atrani, paese attaccato ad Amalfi, forse il più piccolo o uno dei più piccoli comuni d’Italia, è nato con poche case vicine al “fiume” Dragone. Per centinaia di anni gli abitanti hanno convissuto con le piene che ogni tanto portavano via il letto del torrente. Forse tutti conosciamo la prestigiosa carta d’Amalfi ed infatti, per lungo tempo, l’economia della zona ha girato intorno alle Cartiere: un mondo che conosceva l’acqua, la temeva, ma la sapeva anche usare.

 

Poi l’economia gira, si sa, e appena si capisce che il turismo “tira”, si volta pagina e comincia l’espansione. Ecco allora che il letto del torrente viene trasformato in strada e si scava un tunnel per farlo passare sotto l’asfalto.

L’altro giorno il torrente, gonfiato da due ore di pioggia intensissima, ha subito un’onda di 4-5 metri scesa dalla montagna; questa massa enorme si è trovata all’improvviso di fronte al tunnel in cui è incanalato il torrente, ha scavalcato la barriera e si è ripresa il suo vecchio letto.

 

Lo abbiamo sentito tante volte: il territorio italiano, per la sua conformità territoriale e non solo, è a forte rischio idrogeologico. Sono 1.173 i comuni a rischio molto elevato e 2.498 i comuni a rischio elevato. Rispetto agli oltre 8.100 comuni italiani si tratta rispettivamente del 14,5% e del 30,8%. Magari si pensa che tutti i problemi siano al Sud, mentre è la Lombardia che guida la preoccupante classifica per numero complessivo di comuni a rischio (687 comuni).

Certo, anche la Campania risulta essere regione problematica con 291 comuni a rischio, di cui 144 a rischio molto elevato.

 

In questi frangenti, il lessico giornalistico usa quasi sempre una frase, decisamente antipatica: «una tragedia annunciata…..». Ma vogliamo andare in profondità, non farci contagiare dalla “cronaca” pervasa da luoghi comuni, dai soliti preconcetti e pregiudizi, per tentare di capire di più – con gli occhi e il cuore di chi vive e ama il territorio – quanto è successo.

Incontriamo don Michele Fusco, parroco del duomo di Amalfi, splendida e notissima opera architettonica, dedicata ad un altro personaggio che di acqua se ne intende, da buon pescatore: Sant’Andrea.

 

Don Michele, lei da sempre vive in Costiera, un paradiso oltrechè patrimonio dell’umanità. Ma si può dire che si faccia di tutto per conservare questo patrimonio?

«Viviamo in un territorio che tutti ci invidiano per la sua bellezza, vengono da tutto il mondo per ammirare il nostro straordinario paesaggio, il Signore qui ha dato il meglio di sé. Conservare questo patrimonio… È difficile dire cosa significa “conservare”, lo si deve custodire così com’è? Non è un Museo. Il progresso, le nuove tecnologie ci impongono un rinnovamento e questo spesso è a discapito della sicurezza. Ad esempio far arrivare il gas in tutte le case di Atrani comporta lavori che a volte compromettono la sicurezza degli abitanti, vi si deve rinunciare? Occorrerebbe capire cosa vuol dire conservare questo patrimonio, bisognerebbe fare una profonda riflessione e trarre delle conseguenze che tutti dovrebbero rispettare». 

 

Appena alcuni mesi fa, sempre ad Strani, un costone di montagna ha ucciso un cuoco che si preparava ad una giornata tra i fornelli. È un caso o ci sono scelte sbagliate?

«Quanto è accaduto, a mio parere non possiamo addebitarlo all’incuria dell’uomo o alla poca attenzione. Ho saputo che il canale di scolo del fiume che passa al centro di Atrani era stato pulito da non molto tempo. La situazione è precipitata poiché vi è stata una abbondante precipitazione di acqua in pochi minuti, giunta proprio dopo l’estate quando tutto è asciutto, tale da raccogliere dalle montagne circostanti una massa di acqua e detriti che sono arrivati in poco tempo a valle. Lla strada del centro è diventata un fiume trasportando tutto ciò che ha trovato sul suo percorso, tutto in meno di mezz’ora. È una zona a rischio, occorre la prevenzione e forse si potrebbe fare qualcosa in più soprattutto a monte, creando bacini per la raccolta delle acque, ma quando arrivano queste situazioni penso sia impossibile frenare tale massa d’acqua».

 

Benedetto XVI nel suo messaggio per la giornata della pace 2009 ha detto che il rispetto del creato è un’esigenza morale, perché la natura esprime un disegno di amore e di verità che ci precede e che viene da Dio. Nel suo territorio si fa tutto per questo rispetto?

«Ritengo che le persone che abitano questa terra di Costiera, da sempre abbiano avuto rispetto per la natura, lo dice la cura con cui hanno custodito questo territorio, la capacità di vivere in armonia con esso. Forse era più sentito nel passato e forse abbiamo bisogno di riscoprire quanto il creato sia un dono per tutti, abbiamo bisogno di rieducarci a vivere in piena armonia con questa terra. Negli ultimi anni sono stati creati enti come il Parco dei Monti Lattari, o il Parco Marino di Punta Campanella, enti che dovrebbero sostenere progetti di educazione e rispetto del territorio».

 

Una ragazza di 25 anni, membro di una famiglia numerosa con chissà quanti progetti è per ora dispersa e i suoi sogni sembrerebbero infranti in un normale pomeriggio di lavoro……

«Ho incontrato il papà della ragazza, diacono permanente: la mamma è morta alcuni anni fa e lei, prima di cinque figli, ha aiutato il papà nel seguire i fratelli. L’ho trovato sereno. In questo istante Francesca è ancora dispersa: certo, tanti progetti sono svaniti, ma noi che crediamo sappiamo che non è così.  Sul suo profilo di Facebook c’è una frase straordinaria: "Ci sono semrpe mille soli al di là delle nuvole". In questa tragedia la frase di Francesca ci dona tanta speranza».

 

Con la sua comunità cosa pensate di fare perché tutto ciò non avvenga più?

«Certo si parla di prevenzione, ma lo spettacolo più bello, se così possiamo dire in questa tragedia, l’hanno dato i giovani: da ieri sera fino a notte fonda si sono dati da fare a spalare il fango prima che arrivassero i soccorsi, a sostenere le persone in difficoltà. Forse di questo nessuno parlerà, forse non sarà riportato dalle cronache, ma proprio quando arrivano situazioni difficili allora ci si scopre tutti fratelli, non ci sono più distanze, si superano tutte le barriere. Forse c’è da chiedersi se abbiamo bisogno che accadano questi avvenimenti per riscoprire la vera fraternità».

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