Madre Teresa e la moschea di Ayodhya

Durante uno dei momenti più dolorosi nella storia dell'India, in mezzo agli scontri tra indù e musulmani, la santa di Calcutta propose una soluzione a favore dei diseredati. Valida ancora oggi.
Ayodhya-India

Nel dicembre del 1992, Ayodhya nello stato dell’Uttar Pradesh, nel nord India, diventò centro di scontri sanguinosi fra indù e mussulmani, a causa della famosa moschea (Babri Masjid) costruita, secondo la tradizione indù, su un antichissimo tempio in onore del dio Rama. Un gruppo di fanatici indù assalì la moschea distruggendola. Gli scontri che seguirono causarono migliaia di morti sia nella cittadina di Ayodhya che in varie parti del Paese dove scoppiarono scontri fra gruppi di fondamentalisti.

 

Il nome di Ayodhya da allora richiama uno dei momenti più neri e dolorosi della storia recente del Paese asiatico.

In questi giorni la Corte Suprema dell’India dovrebbe emettere un verdetto definitivo sulle responsabilità degli scontri che molti hanno sempre sostenuto essere stati abilmente manipolati da interessi politici e connivenze di vario tipo.

 

Nell’attesa della sentenza che sta suscitando non poca apprensione in India a causa dei ricordi che evoca, l’arcivescovo emerito di Calcutta, Mons. Henry D’Souza ha rivelato che nei terribili momenti di tensione che precedettero la distruzione della moschea e durante gli scontri che seguirono, Madre Teresa di Calcutta aveva proposto ai musulmani e agli indù di dare la terra contesa alle suore della Carità per farne un centro per diseredati di entrambe le comunità.

 

«L’idea mi piaceva – ricorda l’anziano arcivescovo – ma le dissi che la questione era fortemente politicizzata e che onestamente non avrei voluto interferire. La incoraggiai, tuttavia, a proseguire. […] non ho più saputo se Madre Teresa riuscì a raggiungere i leaders delle due comunità ed i politici coinvolti nella questione. Ma sono convinto ancor oggi che ospitare poveri e sofferenti nel luogo contestato, potrebbe essere un’ottima soluzione e contribuirebbe a porre fine ad una questione che ha causato odio e versato sangue innocente.»

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