L’Onu al voto sullo Stato palestinese

Ultime ore prima che l’Assemblea generale si esprima sul riconoscimento della Palestina come Stato. A tenere banco gli interventi di Obama e Sarkozy
Onu

Mentre fervono i lavori diplomatici del “quartetto” – Usa, Onu, Ue e Russia – per giungere ad una mediazione prima che il voto diventi scontro, Obama conferma nel suo discorso alle Nazioni Unite quella che è sempre stata la posizione degli Stati Uniti: no al riconoscimento della Palestina tramite una risoluzione Onu, perché «sono gli israeliani e i palestinesi, non noi, a dover giungere ad un accordo sulle questioni che li dividono: sulla sicurezza, sui rifugiati e su Gerusalemme». Il presidente Usa ha inoltre confermato che «l’impegno americano per la sicurezza di Israele è inamovibile», e che Tel Aviv merita «riconoscimento e relazioni normali con i propri vicini». Nulla di nuovo, dunque: gli Stati Uniti, che godono del diritto di veto in Consiglio di sicurezza in quanto membri permanenti, sperano comunque di non doverlo usare – contando sul voto contrario di almeno 7 Stati su 15 – nonostante le aperture di ieri da parte cinese e francese verso la Palestina.

 

Si è infatti espresso a favore della concessione alla Palestina dello status di osservatore – qualifica riservata per ora solo al Vaticano – il presidente Sarkozy, mettendo in guardia l’assemblea sul fatto che un eventuale veto innescherebbe «una spirale di violenza in Medio Oriente» e proponendo nel contempo un piano di negoziati che porti ad un accordo entro un anno. L’incentivo a negoziare, peraltro, potrebbe essere molto concreto: gli Usa hanno minacciato il blocco degli aiuti economici all’Anp – 600 milioni di dollari l’anno – se questa si rifiuterà di negoziare.

 

Ma sono proprio le posizioni di Israele e Palestina a diventare sempre più rigide via via che il tempo stringe: il premier israeliano Netanyahu ha affermato che «l’iniziativa palestinese fallirà», mentre il portavoce di Abu Mazen ha dichiarato che l’Anp tornerà al negoziato «solo nel momento in cui Israele metterà fine agli insediamenti e accetterà i confini del 1967 come base del negoziato stesso». Se si andrà al voto, la Palestina conta di avere i numeri in Assemblea generale, mentre Israele confida nel Consiglio di sicurezza: la diplomazia è al lavoro per scongiurare un muro contro muro non solo tra Tel Aviv e Ramallah, ma anche in seno all’Onu.

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