Logica edilizia e bene comune

Una risposta ad Alberto Ferrucci: l'equazione edilizia=sviluppo economico non è sempre vera.
edilizia periferie

Ho letto la risposta di Alberto Ferrucci a proposito di “Edilizia e sviluppo economico” (vedi correlato). Pur apprezzando le spiegazioni riguardo alle ricadute favorevoli sull’occupazione dell’attività edificatoria, non posso non nascondere le mie perplessità, che sono anzi aumentate, su questo porre un’equazione tra edilizia e sviluppo economico. Ci sono diverse ragioni che motivano tale perplessità, che toccano diversi aspetti. Provo ad indicarne solo alcuni. A) La salvaguardia del territorio. Non mi riferisco all’abusivismo, che va sempre contrastato per i guasti che produce. Mi riferisco all’attività edificatoria esercitata con il rispetto formale delle procedure, ma che in effetti, attraverso varianti ai piani regolatori e relativo rilascio di permessi di costruire, ha prodotto un’accentuata urbanizzazione di interi territori con danni per il patrimonio naturale, culturale e paeseggistico. Basta prendere conoscenza diretta del fenomeno (io posso testimoniarlo per il territorio dei Castelli Romani) con gli enormi danni per l’ambiente, per la qualità della vita, per la sostenibilità urbanistica, per la viabilità e il trasporto, ecc. B) Alberto Ferrucci dice che l’espansione edilizia consente di investire i propri risparmi in case. Diversi interrogativi si pongono al riguardo: 1) in questo modo, i capitali non vengono immobilizzati? Non sarebbe più fruttuoso investirli in attività produttive? Si sa che la casa frutta al proprietario il canone che è carico del locatario; essa produce un trasferimento di ricchezza da una categoria all’altra, ma non crea nuova ricchezza. 2) La grande disponibilità di nuove case (ho sotto gli occhi ciò che sta accadendo nel mio territorio) non significa che tutti oggi hanno la possibilità di comprarle (tutti vediamo le conseguenze della crisi economica in atto sul reddito delle famiglie). Allora queste nuove case devono servire ai ricchi?3) Ma è proprio vero che oggi c’è un bisogno di case? Per gli italiani non penso, anche per le ragioni dette sopra riguardo alla impossibilità economica di tante famiglie, e per la denatalità in atto. Forse potrebbero (anzi dovrebbero) servire agli immigrati; ma nella grandissima maggioranza possono permetterselo? C) Inoltre è sotto gli occhi di noi una grandissima incongruenza. Si costruiscono tante nuove case, ma non si costruisce nulla in termini di infrastrutture e di servizi (le strade pubbliche sono sempre più insufficienti e mal tenute; le scuole pubbliche sono in stato di degrado edilizio e a volte pericolanti; idem per altri edifici pubblici, ospedali compresi; ecc., ecc.). Alberto Ferrucci dirà che a ciò non può provvedere il capitale privato, ma deve provvedere il denaro pubblico; però di questo ce n’è sempre meno a disposizione (tutti i Comuni sono fortemente indebitati e gli interessi vengono pagati prelevando dalle entrate tributarie, che invece dovrebbero provvedere a necessità pubbliche). D) Come conclusione, accettiamo pure che i capitali privati vengano investiti in case; tuttavia salviamo il nostro territorio, la nostra produzione agricola e artigiana, il nostro paesaggio, e speriamo che i detentori del capitale privato (almeno quello di non sospetta provenienza) possano avere la lungimiranza di investirlo in altre attività per il bene proprio e per quello di tutta la collettività, di cui essi sono parte, in particolare creando nuove attività che valorizzino i nostri beni comuni e producano lavoro per i giovani. Ringrazio. Giovanni Caso, Grottaferrata (Roma).

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