L’isola che svela l’anima del mare

Dicono che la metà delle sue case siano abusive. Dicono che vi trascorrano le vacanze i camorristi. Dicono che sia l'isola proporzionalmente più inquinante del Mediterraneo. Ma è un'isola dalla bellezza poco conosciuta.
Ischia
Ischia si rivela una sorpresa; anzi, una serie ininterrotta di sorprese. Tutti ne esaltano le bellezze naturali, la paragonano alla costiera amalfitana «ma con meno caos», ne decantano le acque termali, benedicono la gente che è campana ma non napoletana, «meno commediante e più gentile». Non me l’aspettavo così, Ischia. È troppo vicina a Napoli per non essere simile al capoluogo…

 

È troppo vicina a Capri per non essere come l’isola frequentata dal jet set. È troppo uguale a sé stessa per non essere originale.Qualche gioiello pare disposto dal Creatore qua e là, quasi a voler riaffermare che il mistero della bellezza non è di competenza umana, ma divina. Non c’è trucco, non c’è crema che possa abbellire più di tanto quanto è stato disseminato «da Colui che la terra creò», come cantava il Petrarca.

 

Così allo scoglio degli innamorati, che pare un abbraccio d’amanti, ma con un terzo che non è un intruso, quanto un completamento d’armonia. «Pare una Trinità di pietra», suggerisce Maria Francesca, la mia guida .

Così, alle pendici del costone roccioso detto Ignone (Grande fuoco, geniale!), da cui sgorgano le acque termali che nei Giardini Poseidon si offrono con grazia e generosità a sani e malati. Così in quella delizia paesaggistica – assecondata egregiamente dalla sapienza urbanistica accumulatasi nei secoli – che è Sant’Angelo, un grumo di case di ogni colore addossate alla montagna che si sfalda poco alla volta, da cui parte un esile istmo che raggiunge una collina rocciosa che pare un arancino verde e grigio: un aperitivo sorbito ai tavolini di uno dei tanti caffè che s’affacciano sulle due baie separate dall’istmo riconcilia con l’esistenza, soprattutto se accompagnato da una pizza col basilico che s’appoggia sulla mozzarella di bufala, che a sua volta intinge la propria anima candida nel rosso del pomodoro, contenuto dai morbidi e fermi bordi della pasta.

 

E ancora, al termine del lungo periplo attorno all’isola il seminarista mi fa salire sulla terrazza panoramica della chiesa di San Domenico, in frazione Sant’Antuono (please, non dite Sant’Antonio abate!) per scoprire il primo e l’ultimo gioiello ischitano, il Castello aragonese, che ieri m’era stato nascosto alla vista dall’oscurità e dall’illuminazione del maniero in panne.

 

(Il reportage completo sul blog In viaggio… di Michele Zanzucchi)

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