L’India di Modi: sì a donne e sviluppo, no a violenza e miseria

Il primo ministro parla alla nazione per l’anniversario dell’Indipendenza e chiede ai suoi concittadini un impegno etico per il Paese abbattendo la millenaria cultura delle caste e creando nuove opportunità di lavoro e di eguaglianza
Narendra Modi

Il 15 agosto l’India ha celebrato il sessantasettesimo anniversario dell’indipendenza. La grossa novità di quest’anno non è stato tanto il fatto di avere alla guida del Paese, dopo due mandati consecutivi del Partito del Congresso, nuovamente un Primo ministro del Bharatya Janata Party (BJP). Piuttosto, per la prima volta nella sua storia, l’India ha celebrato il giorno dell’Indipendenza con un Primo ministro nato dopo che il Paese era diventato stato sovrano nel 1947. Narendra Modi, il discusso capo del Governo della più grande democrazia del mondo, nel rivolgersi al miliardo e oltre dei suoi cittadini nel tradizionale discorso indirizzato dalle rampe del Red Fort a Delhi, ha assunto l’immagine di una nazione entrata ormai in una nuova era della sua storia.

Narendra Modi che si trova a guidare un governo frutto della svolta elettorale del maggio scorso, ha oggi 63 anni e con la sua nota capacità retorica si è presentato alla gente senza il vetro a prova di proiettile che i suoi predecessori hanno utilizzato da un paio di decenni in occasione di questo discorso alla nazione di fronte e decine di migliaia di persone. Si è presentato come un pradhan sewak, (il primo servo della nazione), piuttosto che come il pradhan mantri (il primo ministro) ed ha affrontato i problemi quotidiani di questo immenso Paese: gli stupri, l’eliminazione sistematica (soprattutto in alcuni stati) dei feti femmina, la mancanza di servizi sanitari soprattutto nelle zone rurali, il lavoro per i giovani e lo sviluppo armonico del settore produttivo. E’ stato un discorso a braccio, durato sessantacinque minuti, che ha toccato l’etica del cittadino, invitando l’indiano e l’indiana del 2014 a non pensare solo ai propri interessi e al proprio tornaconto, ma a quelli dell’intero Paese. “Si tratta di fare del servizio nell’interesse della nazione” ha sottolineato il primo Ministro, che ha incoraggiato i giovani non solo a “trovare un posto di lavoro, ma a diventare persone che creano opportunità di lavoro per altri”.

Un discorso, ha commentato un giovane manager incontrato proprio la sera di Ferragosto, che ha acceso l’ethos dei cittadini e ha convinto molti suoi coetanei. Echi molto positivi sono giunti da tutto il Paese. Modi ha saputo evocare le radici dell’India moderna, senza tuttavia, mai far menzione di Jawaharlal Nehru, il primo Primo ministro dell’India indipendente e padre dell’India politica, come Gandhi lo era stato dell’India come nazione.

L’India del primo decennio del terzo millennio è un Paese che ha ormai conquistato un posto fra i grandi con un balzo in avanti che ha dello spettacolare. Resta, ancora, una serie di problemi endemici soprattutto nelle zone rurali (il paese ha circa 600 mila villaggi) e il nodo della proporzione uomini-donne all’interno del Paese. L’India è, infatti, una delle poche nazioni al mondo dove, a causa di una sistematica eliminazione di feti femmina e anche di neonate, si contano 914 donne per ogni 1000 uomini. Un equilibrio che continua a scendere e che in alcuni stati è arrivato a798 su mille.

Modi non ha avuto timore di intervenire anche su altri problemi che, forse poco hanno a che fare con l’India del software, dei grandi centri commerciali e dei call-centres, ma che toccano milioni di persone nei villaggi: l’investimento in  infrastrutture sanitarie adeguate per evitare epidemie, malnutrizione e malattie endemiche. L’aspetto dell’igiene è infatti uno dei più carenti nel paese. Il primo Ministro ha affermato di avere al top delle sue priorità anche adeguate strutture sanitarie nelle scuole dei villaggi per garantire un futuro dignitoso a tutti, soprattutto a bambine e donne.

Modi non ha avuto timore di parlare dei milioni di fuori casta che ancora lavorano come spazzini a cielo aperto, spesso facendo uso delle mani, retaggio di una struttura millenaria che li considera impuri e ai margini e che “oggi è necessario estirpare”. Il nuovo governo vuole realizzare appieno lo spirito della nuova legge, approvata nel 2013, che proibisce di assumere e, di fatto, usare persone con queste modalità di vero e proprio sfruttamento esistenziale, che normalmente si trasmette di generazione in generazione. Soprattutto, non ha avuto paura di affrontare il problema della violenza sulle donne e della necessità di estirpare questa piaga.

Modi ha anche toccato anche l’aspetto dei trasporti, in un Paese dove ogni giorno le ferrovie si prendono carico di venti milioni di persone (un terzo dell’Italia) e che, sebbene dotati di una rete nazionale invidiabile in quanto a ramificazione, mantiene aspetti piuttosto arretrati ed approssimativi con un tasso di incidenti e di morti notevole.

Quello che ha più impressionato nel discorso del nuovo primo Ministro è stata la sua capacità di entrare in contatto con chi lo ascolta. Ha toccato non tanto le grandi questioni – politica, finanza, investimenti, economia  o gli annosi problemi con Cina e Pakistan – ma la vita quotidiana dell’indiano e dell’indiana media, quelli della strada, delle scuole dei villaggi. La lingua di questo discorso a braccio è stata semplice ed ognuno ha potuto seguire  ogni passo.

Anche gli accenni autobiografici sono stati importanti. Modi è arrivato a Delhi solo da un paio di mesi. Trattato da ‘outsiders’ nei grandi centri del potere, impastati di burocrazia. sa di essere all’esame del mondo occidentale ma anche della sua gente ed è quella che ha scelto in questa sua uscita ufficiale. L’India ha bisogno non solo di un nuovo Primo Ministro, ma anche di cittadini che pensino all’interesse della nazione. Sarà necessario attendere la prova dei fatti: cioè che le speranze si realizzino e che i discorsi diventino realtà, dicono in molti.

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