L’Ideale del’unità, pienezza della vocazione missionaria

Nel 1950 la folgorazione dell'incontro con Chiara Lubich. Le prime Mariapoli e la partenza per la missione. Uno dei primi missionari che hanno contribuito a diffondere la spiritualità dell'unità in tutto il mondo.
Angelo Lazzarotto
Quasi 60 anni di vita illuminati dall’Ideale dell’unità mi hanno convinto che la spiritualità offerta alla Chiesa e al mondo attraverso Chiara Lubich, in quella che giustamente si definisce Opera di Maria, attualizza il disegno universale di salvezza nell’oggi della storia. 

 

Una folgorazione

 

Fin dal primo incontro con questa testimonianza di Vangelo, vissuta in modo radicale da alcuni giovani che mi vennero presentati a Roma nell’estate 1950 (erano i primi “focolarini” nella capitale), fui folgorato dalla constatazione dell’impatto che tale esperienza poteva avere nella vita dei singoli e nella società.

 

La sentii subito come una più piena realizzazione della vocazione missionaria che già vivevo con serenità ed entusiasmo nel Pontificio Istituto Missioni Estere. Giovane sacerdote, stavo allora frequentando la Università Urbaniana, per meglio prepararmi ad annunciare il Vangelo ai non cristiani.

 

Gioioso di aver trovato il segreto per rendere tangibile ed operativa la presenza promessa da Gesù a chi vive la carità fraterna nella misura del “come Lui”, mi venne spontaneo confrontarmi anzitutto con il responsabile della mia comunità nell’Istituto.

 

Una giornata, che mi fu data da vivere poco dopo accanto a Ginetta Calliari, una delle prime compagne di Chiara, che a Milano stava introducendo un gruppo di giovani a questo Ideale di vita, mi confermò sul suo valore evangelico.

 

E sentii il bisogno di partecipare la mia gioiosa scoperta a diversi giovani confratelli, alcuni dei quali, venuti a Roma nel febbraio 1951 per la beatificazione del nostro primo martire, ne colsero subito il valore.

 

Le prime Mariapoli

 

Negli anni che seguirono, fino al 1956, quando fui assegnato alla missione di Hong Kong, ebbi la grazia di approfondire questa esperienza, anche con la partecipazione alle prime Mariapoli a Tonadico e a Fiera di Primiero: l’incontro personale con Chiara, nato nella semplicità della vita vissuta, divenne una conferma che Dio stesso operava attraverso di lei per rinnovare la Chiesa.

 

Mi rinsaldò in questa convinzione constatare come lo stesso Riccardo Lombardi sj intendeva fare dell’Opera di Maria la sostanza del suo Movimento per un Mondo Migliore, mentre auspicava un Concilio Ecumenico vissuto in quell’unità voluta da Gesù.

 

Nel mio entusiasmo giovanile, sentii il bisogno di indirizzare al mio Superiore Generale una appassionata petizione, perché nella preparazione al Capitolo Generale dell’Istituto (previsto per il 1957) si valorizzasse l’esperienza fatta con l’Ideale dell’unità.

 

La partenza per Hong Kong non mi presentò alcun problema, pur sapendo che in quella parte del mondo non c’era allora alcuna esperienza di vita cristiana, impostata secondo l’intuizione dei Focolari.

 

Il vescovo di Hong Kong, al quale non mancai di confidare l’Ideale cui mi ispiravo nell’apostolato, mi confortò con la sua benedizione, e qualche tempo più tardi fu lieto di aprire le porte della diocesi ad un primo Focolare.

 

In missione per l’unità

 

Sento di poter affermare che non ho mai sperimentato alcun conflitto fra la vocazione missionaria, vissuta nel mio Istituto, e la partecipazione ad iniziative specifiche nate nell’ambito dell’Opera di Maria. La ricerca sincera della volontà di Dio nell’attimo presente mi ha aiutato per un discernimento pratico.

 

In questi decenni, non pochi confratelli hanno trovato sostegno e conferma alla propria vocazione missionaria nell’Ideale dell’unità e di questo ha certo beneficiato la causa dell’evangelizzazione.

 

D’altra parte, bisogna riconoscere che anche all’interno del Pime, come in altre aggregazioni ecclesiali e comunità religiose, si è più volte manifestato un certo rifiuto o una dichiarata diffidenza per questa “commistione” che fa vivere la vocazione specifica di cui Dio ha dotato la comunità e, attingendo al tempo stesso ad una spiritualità che viene da “fuori”. A volte si è perfino sentito dire da qualche superiore: “Il tale è un buon missionario, peccato che sia un… focolarino”.

 

Sul piano dottrinale, tale diffidenza non si giustifica più, dopo i ripetuti apprezzamenti per l’Ideale dell’unità da parte degli ultimi Papi che incoraggiano la Chiesa intera a valorizzare in pieno la promessa di Gesù di essere presente fra i suoi seguaci che si amano come lui vuole.

 

Sul piano pratico, viene da chiedersi, talvolta, se alla radice di certa ostilità all’Ideale proposto dall’Opera di Maria (come anche alle esperienze di altri Movimenti di rinnovamento ecclesiale) non ci sia un inconfessato rifiuto del radicalismo evangelico.

 

E d’altra parte dobbiamo onestamente riconoscere che diffidenze o contrarietà possono anche essere provocati da nostri atteggiamenti meno prudenti o non integralmente evangelici.

 

Sono critiche di cui dobbiamo essere grati. Esse ci ricordano infatti che l’impegno a vivere la carità fraterna, “come Lui” ci ha indicato, è un’avventura sempre nuova . Essa diventa possibile solo nella misura in cui sappiamo fare nostra anche l’altra faccia della medaglia dell’unità, cioè l’amore alla croce “fino all’abbandono del Padre”.

 

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