Libera denuncia la cementificazione dei Castelli

Il magistrato Luigi De Ficchy, procuratore capo a Tivoli, interviene all'incontro sull'abusivismo edilizio: «Scuola e politica devono essere le nostre armi per combattere i fenomeni mafiosi»
Abusivismo edilizio

«La mafia non è più quella della coppola e della lupara. È ora di finirla con gli stereotipi. Scuola e politica devono essere le nostre armi per combattere i fenomeni mafiosi, non qualche volta, ma ogni singolo giorno». Così si è espresso Luigi De Ficchy, magistrato, procuratore capo di Tivoli e già nella Direzione nazionale antimafia, nel suo intervento presso il Museo civico di piazza Matteotti, a Marino, nel cuore dei Castelli romani.
 
L’appuntamento, promosso da Libera, associazioni, nomi e numeri contro le mafie, ha voluto esaminare lo scempio edilizio e la cementificazione selvaggia che da qualche decennio deturpano i Castelli romani. L’associazione, da sempre impegnata, insieme ai giovani, alle scuole, alle autorità e ad altre realtà associative, nel promuovere e sollecitare legalità e giustizia in Italia, lavora da qualche anno al rapporto sulle ecomafie, che vede il Lazio al terzo posto per abusivismo edilizio e violazione dei vincoli ambientali.
 
Si è discusso, quindi, di cemento e di abusivismo edilizio, che diffuso un po’ ovunque nel Belpaese, e spessissimo gestito dalle mafie, negli ultimi anni si sta manifestando sempre più pericolosamente anche nel Lazio. Dissesto paesaggistico e territoriale, oltre che omertà, illegalità, lesione dei principi di libertà e di legalità sono i problemi che devono far tremare le vene e spingere le persone, con coraggio, insieme, a dire il loro “no” alle infiltrazioni mafiose.
 
«La politica e le istituzioni non possono continuare a chiudere gli occhi e dire che la mafia, nel Lazio, non ci sia. Ci sono ben 600 beni confiscati. Il Lazio, secondo Legambiente, dopo Calabria e Campania, presenta la più alta quantità di costruzioni illegali», così si è espresso Antonio Turri, referente del coordinamento provinciale di Latina, intervenuto per stimolare le coscienze castellane, aggiungendo: «Libera ha il coraggio di dire le cose e questo coraggio non può che essere incrementato con l’aiuto di tutti. La paura è insita, ma bisogna aprire un conflitto con la mafia. Occorre recuperare la responsabilità individuale. I beni confiscati devono diventare avamposti di legalità».
 
E poi la scuola come luogo dove formare i giovani, come spazio reale di discussione, come ambiente prescelto per formare le future generazioni alla legalità, alla lotta alle infiltrazioni mafiose, all’amore per la giustizia. Dove prendere le vite di persone quali Borsellino, Falcone e Impastato come esempi, come modelli da seguire. Dove letture quali “Per questo mi chiamo Giovanni” dovrebbero diventare, necessariamente, curriculari. La formazione, quindi, come chiave di volta nella lotta aperta alla mafia.  I progetti “Segnal-etica” e “Regoliamoci”, promossi da Libera, possono offrire reali spunti di riflessione per stimolare ciascuno, sin da piccolo, a dire il suo fermo “no” alla mafia.
 

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