Leviathan

Un grande film da non perder, duro, profondissimo e recitato splendidamente. Diretto da Andrei Zvjagincev e boicottato, in Russia, da Putin, è un urlo contro il silenzio di Dio e le ingiustizie degli uomini di potere
Film Leviathan foto di Dikson

Da non perdere uno dei rari film realmente da non dimenticare, perché si tratta di grande cinema. Leviathan – il mostro del libro di Giobbe – è un racconto di Andrey Zvyagintsev, premiato a Cannes e candidato all’Oscar. È come una tragedia biblica trasportata ad oggi, nella piccola città sul Mar di Barents, isolata tra ghiacci e monti, case sparse, un mondo fuori del tempo. Ma anche in questo deserto l’umanità vive di conflitti e di ingiustizie. Kolja, un uomo violento, alcolizzato, è un povero Giobbe in lotta con l’amministrazione comunale che vuole il suo garage, la sua casa e il terreno per i suoi sporchi affari. Kolja si ribella, e cerca l’aiuto di un avvocato di Mosca, suo ex commilitone. Tra i problemi del figlio adolescente, della nuova moglie – che lo tradisce con l’avvocato – e le tensioni, Kolja cerca di evadere magari con qualche gita con gli amici, sparando sulle immagini dei “padri” dell’Urss, da Lenin a Stalin. A tanto è ridotta la Russia attuale.

Le domande che l’uomo si pone sono tante e la religione non aiuta. Il vescovo è d’accordo con i potenti, il Pope invece lo comprende, ma gli suggerisce di affidarsi ad un Dio che non risponde, tace, e l’uomo è desolatamente solo, mentre tutto crolla e intorno una natura glaciale e muta, con i resti di un mostro marino, sembra indifferente o impaurita.

Terribile atto d’accusa contro il potere attuale – Putin lo ha boicottato -, i l film  è un grido di aiuto e di disperazione di un Giobbe del nostro tempo, un lamento ad un cielo chiuso, mentre i prepotenti hanno la vittoria.

Duro, profondissimo, recitato splendidamente, questo racconto-metafora-tragedia è molte cose. Ma soprattutto è un urlo contro il silenzio di Dio e le ingiustizie degli uomini di potere. Lascia nel cuore il gelo del paesaggio e una tenera comprensione per Kolja, uomo tutt’altro che virtuoso, povero, misero, abbandonato e sconfitto, ma capace di farsi ancora delle domande per poter essere un uomo libero.

Escono ancora: Forza maggiore, premiato a Cannes e firmato da Ruben Ostlund, storia di un crisi familiare davanti ad un inatteso sconvolgimento della natura, molte interessante; Cake di Daniele Barnz con Jennifer Aniston che esplora il confine tra la vita e la morte; La voce- Il talento può uccidere dove Rocco Papaleo è un imitatore problematico.

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