Lettera aperta a…

In GIU’ LE MASCHERE Salvatore Striano, a conclusione del suo racconto autobiografico, si rivolge a quanti hanno un ruolo socialmente utile. A loro affida i ragazzi e i bambini che vivono situazioni difficili. è l’invito ad “entrare nelle loro storie” offrendo  tempo  e amore.

Desidero scrivere il mio pensiero ma soprattutto desidererei che fosse letto da personalità che hanno un compito importante per il bene della nostra comunità. Mi rivolgo agli educatori, agli assistenti sociali, ai volontari, ma anche agli sportivi, ai poliziotti, ai carabinieri, agli avvocati, ai magi-strati, ai giornalisti e infine agli artisti.

Abbiamo tutti un ruolo socialmente utile, abbiamo tutti la responsabilità di intervenire dove ci sono dei fallimenti umani, e in una casa d’accoglienza spesso se ne trovano a decine. Li cito fino alla nausea per ricordarveli: ragazzi spesso in fuga dalle guerre, molte volte abbandonati dalle famiglie (per chi una famiglia ce l’ha), altre volte mal cresciuti dalle stesse, figli di carcerati, di madri drogate, di persone che non si amano, e inevitabilmente, come si usa dire, i peccati dei genitori li pagano i figli che ne sono gli eredi.

Vi invito a cuore aperto, con tutta umiltà, a riflettere sul nostro operato, tutti quanti insieme, ognuno nel suo piccolo ruolo. In tutte le città, così come abbiamo delle chiese, abbiamo delle carceri, degli ospedali, e anche queste benedette case di accoglienza. Dobbiamo visitarle, dobbiamo conoscere le persone che ci vivono dentro, dobbiamo tendere una mano che arrivi fin lì dentro, non puntare un dito se magari vediamo qualche faccia strana che ci guarda da dietro una finestra. Dobbiamo avere la dolcezza di entrare lì dentro, e un’educazione che ci permetta, una volta entrati nelle case, di entrare nelle loro storie, perché molte volte siamo proprio noi la risoluzione di un problema che i ragazzi si portano dentro e che non tireranno mai fuori, perché lo vivono come la loro fine.

[…]

Non conosco persona al mondo che abbia anche per una sola volta chiuso la porta all’amore, al bene, ai sentimenti sani, alla gioia. Sappiamo bene, invece, perché le persone scappano, perché s’impauriscono, perché si chiudo-no: quando agiamo in modo malefico, quando ci comportiamo in modo egoistico, quando – detto più semplicemente – invece di andare dal vicino per dargli una mano a curare il suo giardino, preferiamo dire che l’erba che coltiva è cattiva.

Molti di noi che ho citato sappiamo perfettamente quanto sia importante la nostra funzione pratica in un luogo come una casa di accoglienza, ma nessuno ci entra: non per cattiveria, né per indifferenza, ma per imbarazzo. […]

 

Da GIU’ LE MASCHERE di Salvatore Striano (Città Nuova, 2017)

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