L’etica provoca il mercato

La crisi economica mondiale pone l’accento su nuovi modelli di sviluppo, dove gratuità, dono, persona, comunione possono conciliarsi con investimento e profitto. Al Polo Lionello banchieri e imprenditori a confronto.
Loppianolab - economia

"I soldi non sono la felicità". Il proverbio della nonna suona come una provocazione in bocca a Benedetto Gui, ordinario di economia politica all’università di Bologna, soprattutto se gli altri relatori della tavola rotonda sono imprenditori, rappresentanti di categoria e amministratori delegati di banche. L’appuntamento Economia, Etica e Comunione: quale opportunità di sviluppo economico che stamane al Polo Lionello Bonfanti ha riunito più di 300 persone voleva essere anche una provocazione nel panorama economico attuale, ma soprattutto voleva aprire spazi di riflessione su un mercato assetato di etica dopo essere stato sbranato dalla corsa al profitto.

 

«La logica del guadagno che finora ha viaggiato in parallelo con quella della gratuità può trovare una sua fusione nell’imprenditoria sociale e nel progetto dell’Economia di comunione», ha continuato il professor Gui illustrando esperienze in tutte le parti del mondo dove questo ciak ha funzionato e con grossi nomi dalla Danone a E-bay.

Un connubio che premia anche a livello finanziario, come confermano le statistiche e le ricerche illustrate da Ugo Biggeri presidente di Banca Etica a proposito dei fondi etici « resistono di più e creano occasioni di sviluppo e crescita basta guarda agli investimenti nel biologico e sulle energie alternative». Biggeri ha richiamato alla responsabilità del consumatore che educato per 50 anni a non pensare ora deve imparare a scegliere eticamente».

 

L’economia deve imparare a farsi domande e a non propugnare solo certezze, questa è la lezione che la crisi dei fondi americani sta tenendo a più livelli. Ha minato la fiducia che è caposaldo non solo delle relazioni personali, ma degli investimenti e dell’imprenditoria, soprattutto quella piccola, quella abituata a guardare negli occhi il cliente e che faticosamente sta cercando nel mercato globalizzato e senza regole certe una sua identità. Lo ripetono a più toni Armando Prunecchi presidente della confederazione nazionale artigianato e Piero Gilardi in rappresentanza degli artigiani toscani: «il mercato è alla ricerca di modelli che non possono solamente ispirarsi alla crescita, ma devono anche ricostruire quella solidarietà territoriale frantumata dalla delocalizzazioni e dal global». Prunecchi invoca una »visione d’insieme dei problemi, la valorizzazione del rapporto tra le persone,siano esse clienti o fornitori e la formazione, vie per uscire dalla crisi, ma anche possibilità per riassociare l’espressione sociale alle piccole imprese».

 

Sul fronte della finanza e delle banche è Gianfranco Brunetti, a capo del Credito cooperativo toscano a chiedere di applicare quanto già scritto dai papi, dalle encicliche sociali, dai progetti civili come quello dell’Edc. Anche per lui il cambiamento può realizzarsi solo “insieme” e riportando al centro anche della vita di una banca la persona, per uno sviluppo integrato a reale sostegno di tutti. C’è anche il mea culpa, per l’inefficacia dei controlli e per la perdita della vocazione sociale degli istituti bancari. Vocazione ripresa appieno dall’esperienza di Banca prossima, illustrata dal suo amministratore delegato Marco Morganti che ha illustrato come le aziende no profit o con un profit basso sono quelle più solide e puntuali anche nella restituzione dei prestiti. La novità presentata da Morganti riguarda i cittadini che nell’ottica del dono o dell’investimento possono scegliere di sostenere una cooperativa nel prestito con un capitale totalmente garantito.

 

Un laboratorio in effervescenza quello che mescola etica ed economia, a cui LoppianoLab sta dando spazio e prospettive, perché il cambiamento auspicato e fatto insieme può essere un guadagno non solo finanziario ed imprenditoriale, ma avrà profitti maggiorati sull’intero Paese, a vantaggio di tutti.

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