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Leader religiosi a Tokyo per la pace

di Chiara Andreola

La capitale giapponese ospita dal 1 al 3 luglio il terzo “Tokyo Peace Roundtable” (tavola rotonda di Tokyo per la pace), un incontro in cui rappresentanti di diverse fedi avanzeranno proposte concrete per la riconciliazione con un focus particolare su Ucraina e Myanmar

Alcuni partecipanti al secondo Tokyo Peace Roundtable (foto Religions for Peace)

A chi non si è mai occupato di queste cose, incontri per la pace promossi in ambito religioso possono apparire come qualcosa di esclusivamente “spirituale”, senza risvolti concreti. Al di là del fatto che si potrebbe obiettare che è difficile costruire la pace se non sono per primi uomini e donne dei territori coinvolti a volerlo, e in questo la sfera religiosa gioca indubbiamente un ruolo chiave, ci sono diverse esperienze che dimostrano come leader ed enti religiosi possano incidere in questo senso. Una di queste è quella di Religions for Peace, la maggiore organizzazione interreligiosa a livello internazionale, che in 50 anni di storia è arrivata a portare la sua voce ad assemblee politiche di ogni livello e ad implementare azioni in svariate zone di conflitto; e che, in risposta alla situazione di crisi globale che stiamo vivendo, ha promosso in collaborazione con la United Nations Alliance of Civilizations (Unaoc) la terza edizione della Tavola Rotonda di Tokyo per la pace.

Il convegno porterà nella capitale giapponese dall’1 al 3 luglio una cinquantina di persone da 11 Paesi e di 5 religioni; con l’obiettivo, ha spiegato Yoshiharu Tomatsu, presidente di Religions for Peace Japan, di «promuovere ulteriormente il dialogo religioso per il superamento dei conflitti». Ci si focalizzerà in particolare, ha ricordato, sulla situazione in Russia, Ucraina e in Myanmar, con partecipanti direttamente da questi Paesi; mentre non è stato possibile, si è rammaricato, organizzare un analogo dialogo diretto per quanto riguarda il conflitto in Israele, Palestina e Iran, data l’impossibilità di far fisicamente arrivare le persone dai luoghi in cui i collegamenti sono al momento interrotti.

Il tema dell’edizione 2023 del tavolo sarà “Oltre la guerra e verso la riconciliazione”. Un “verso” che implica l’idea di un processo in divenire in quanto, ha ricordato il segretario generale di Religions for Peace International, Francis Kuria, «la pace non è un evento dato una volta per tutte, ma una scelta costante rinnovata ogni giorno. E sottolineo l’aggettivo costante, perché tale è nostra ricerca della pace, e non ci fermeremo finché non otterremo di fermare le guerre». A questo proposito, ha sottolineato, «non abbiamo risposte pronte, né ce ne sono: ma possiamo aprire nuove vie verso il dialogo, la riconciliazione, il perdono, la trasformazione dei conflitti. E possiamo già contare su reti e processi efficaci che hanno dimostrato di saper costruire la pace».

La tre giorni, ha spiegato la vicesegretaria generale di Religions for Peace International, Deepika Singh, si articolerà in diverse sessioni. La prima esaminerà i risultati ottenuti con le prime due tavole rotonde – in particolare sono stati citati quelli nel campo della depoliticizzazione degli aiuti umanitari –; la seconda esporrà il tema di quest’anno; la terza esaminerà la situazione attuale in Russia, Ucraina e Myanmar e il ruolo dei leader religiosi nella ricerca della pace; nella quarta verranno presentati e discussi i risultati di alcune ricerche sull’impatto del dialogo interreligioso nella risoluzione dei conflitti; nella quinta verranno condivise le buone pratiche; nella sesta ci si confronterà sui prossimi passi da intraprendere; e nella settima si giungerà al documento finale.

Ai leader religiosi si uniranno anche alcuni membri del Parlamento giapponese; che, ha fatto notare il segretario generale di Religions for Peace Japan, Yoshinori Shinohara, ha una commissione intercamerale che già nelle edizioni passate ha dimostrato fattivo interesse in questi incontri, facendo sì che le proposte avanzate in tale sede avessero un impatto concreto sul fronte politico. Shinohara ha ricordato in particolare come sia così stato possibile garantire, grazie all’impegno di questi parlamentari giapponesi in sede Onu, che non venisse a mancare il sostegno dell’Unrwa ai rifugiati palestinesi nel momento in cui quest’agenzia delle Nazioni Unite era finita al centro di controversie che ne avevano bloccato l’attività. Si potrebbe obiettare che ciò non ha impedito il successivo precipitare degli eventi, ma è comunque una prova del dialogo tra leader religiosi e mondo politico.

L’obiettivo è quindi quello di rendere sempre più strutturati gli interventi di costruzione della pace a livello delle comunità, con il sostegno delle diverse entità religiose, e di rafforzare il dialogo con le istituzioni.

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