Le vene aperte di Eduardo Galeano

Non aveva ancora compiuto 75 anni. Fino a poco tempo fa, era possibile trovarselo in uno dei bar del centro di Montevideo sorseggiando il suo caffé pomeridiano. La sua scrittura ha descritto la storia dal punto di vista degli umili, degli emarginati e degli sconfitti
Eduardo Galeano

E’ scomparsa ieri, 13 aprile, insieme a Günter Grass una delle voci piú polemiche ed autorevoli dell’America latina, quella dello scrittore e giornalista uruguayano Eduardo Galeano. Il suo stile sobrio e diretto, fedele a un modo di essere che lo accumuna ai suoi connazionali, ha dato forma al libro per il quale forse é maggiormente conosciuto al di quá e al di la dell’Atlantico: “Le vene aperte dell’America Latina”, pubblicato nel 1971.

Una lettura che ha accompagnato chiunque abbia voluto addentrarsi, almeno in superficie, alla complessa realtá di questa regione. Galeano scrive o evoca la storia degli sconfitti, a cominciare dalle popolazioni indigene sottomesse e spogliate dai “conquistadores” spagnoli e lusitani, per poi seguire fino ai decenni tragici delle dittature militari che non solo imposero sistemi di governo autoritari, ma non ebbero impaccio a ricorrere all’eliminazione fisica di avversari politici reali e potenziali, imponendo un modello economico che fu poi il principale responsabile dei decenni perduti dalla regione. Non a caso, i governi militari di Argentina, Cile e Uruguay, da cui partì scegliendo l'asilo nel 1973, dopo aver sperimentato il carcere e la messa all’indice de Le vene aperte.

Lo stile si ripete, in certo modo, anche nella trilogia Memorie del fuoco, pubblicata tra il 1982 ed il 1986, dove in episodi brevi di meno di una pagina narra la storia dell’America Latina dalla sua creazione ai nostri giorni.

Galeano combina il giornalismo con la storia, la fiction e l’analisi politica utilizzando un linguaggio agile ed efficace, di volta in volta poetico, come quando evoca il pianto commosso del vescovo salvadoregno Oscar Romero di fronte alla spudorata ferocia del governo militare del suo Paese.

Nato nel 1940, le sue prime caricature per il giornale El Sol, cominciano ad essere pubblicare a 14 anni ed a 20 anni era giá dentro al mondo giornalistico. Sceglierá per il suo nome artistico il cognome della madre, Licia Esther Galeano Muñoz, che univa la discendenza italiana a quella spagnola. Suo padre, Eduardo Hugues Roosen, era invece di famiglia gallese e tedesca. Questa ricchezza e diversitá di radici permettono allo scrittore una vicinanza culturale con la matrice europea che apporta linfa vitale alla realtá latinoamericana e ne fa una sintesi culturalmente accattivante.

Sfrutta la vena  tipica dei Paesi che si affacciano sul Río de la Plata dove non hanno avuto alcun influsso sia il “realismo magico” che gli influssi delle cosmovisioni indigene. Vale infatti anche per gli uruguayani quell’affermazione che lo scrittore Jorge Luis Borges risevava ai connazionali: “Gli argentini discendono… dalle navi”, sono cioé principalmente figli dell’emigrazione. E forse per questo sono naturalmente piú disponibili a fare da ponte tra le storie, spesso dolorose e non sempre facili da assimilare, dei due continenti.

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