Le periferie esistenziali di Milano

Presentato il nuovo piano pastorale della diocesi. Il cardinale Scola invita ad accogliere i suggerimenti del papa sull'uscire fuori dalle chiese. Parliamo della sua attuazione con don Paolo, parroco di una grande comunità meneghina. «Bisogna tornare al Vangelo»
barboni a milano

Il campo è il mondo. Vie da percorrere all’incontro degli uomini, è il titolo con cui la Chiesa di Milano avvia il prossimo piano pastorale. Il progetto è stato annunciato dal cardinale Scola, nel duomo durante una convocazione dei suoi duemila preti diocesani, ai quali ha presentato il nuovo progetto di evangelizzazione e chiesto il loro contributo. In pratica il cardinale vuole attualizzare gli appelli del papa ad “uscire”, ad andare verso le “periferie esistenziali”. A fare un passo decisivo per “abbattere i bastioni” che la separano dal mondo. Si tratta e ci si augura in arcivescovado che ciò produca un “cambio di mentalità” nella chiesa di Ambrogio e Carlo, e non una cosa in più, finendo con l’appesantire una struttura già carica di “cose da fare”, anziché alleggerirla in nome di una rinnovata missionarietà. Con la conseguenza di ingolfare ulteriormente le persone che operano nelle comunità, chiudendole ulteriormente in sé stesse.

Del nuovo progetto dell’Arcivescovo, ne abbiamo parlato con don Paolo, un parroco della città di Milano che da tanti anni è impegnato nel campo della pastorale giovanile.

Don Paolo: « Andare incontro all’uomo, in un modo nuovo, o semplicemente, ritornando ad incontrarlo nell’essenzialità evangelica. Nella città di Milano questo, cosa significa, come va vissuto secondo lei?»

«Non dobbiamo dimenticare che il nostro incontro col mondo deve partire sempre dall’esperienza di un altro incontro che ci qualifica e definisce come credenti (l’incontro con Cristo e il suo Vangelo), occorre però evitare che il nostro “uscire” abbia la forma dello scontro, della “crociata”, o anche solo che sfoci nel proselitismo, finendo con l’assumere i connotati dell’ingerenza anziché quelli della reciproca stima e solidarietà a favore degli uomini. È una questione molto importante: come Chiesa siamo esclusivamente chiamati a “dare” qualcosa a un mondo visto solo nella sua negatività come “regno di satana”, oppure ci sentiamo, insieme agli uomini e alle donne di oggi, inseriti in questa realtà e ci affianchiamo a loro per cogliere quanto il Signore sta operando (in noi e negli altri!) dentro la storia? Non è solo in gioco lo stare “nelle sacrestie” o negli “agorà” contemporanei, ma, più profondamente, quale logica evangelica vivere, quale stile ed identità di Chiesa perseguire, quale traduzione culturale del Vangelo e della sua relazione con la storia elaborare».

Secondo la sua esperienza pastorale è solo il mondo che ha “bisogno” della Chiesa, oppure è anche la Chiesa che ha “bisogno” del mondo?

«Siamo sicuri che di Gesù, del Verbo, sappiamo tutto e lo abbiamo tutto noi? Se così fosse non ci sarebbero “semi del Verbo” anche nelle altre religioni. Quindi noi andiamo agli altri non solo per dare “tutto” Gesù, ma anche per conoscere meglio Gesù, Verbo di Dio. E questo genera la “reciprocità” col mondo, la possibilità di vivere con Gesù in mezzo anche dentro il mondo. Quindi anche nel rapporto con gli “altri” la presenza del Verbo dovrebbe crescere. Dio col Suo Spirito è all’opera in tutte le persone del mondo.

Nel mistero della Croce, in Gesù che grida il suo “abbandono” e si mette dalla parte dei “senza Dio”, manifestando che Dio è anche là dove Dio non c’è, ci viene rivelato che Dio è all’opera anche in tutto il negativo della realtà. Abramo quando è partito da Ur dei Caldei non ha avuto chiaro dove sarebbe andato; ha solo seguito il Signore che gli diceva di uscire dalla sua terra e andare. E’ quello che dovremmo fare: uscire, camminare nella strada di Gesù in mezzo, senza preoccuparci eccessivamente di arrivare a chissà cosa perché sarà lo Spirito Santo che piano piano ce lo svelerà, se rimaniamo in Gesù.

Se è vero che Gesù è l’unico mediatore, allora noi cristiani, dovremmo vivere con questo stile esistenzialmente comunionale, renderemo più visibile Gesù nel mondo, facendo germogliare i semi del verbo dappertutto, e noi stessi ne verremo beneficati. E la gente si incontrerà più facilmente con il Risorto».

Al di là degli slogan e delle affermazioni di principio, il nuovo piano pastorale vuole giocarsi dentro dinamiche che generano approcci profondamente differenti dentro la realtà, le sfide che attendono i credenti nei prossimi anni. La sua ricetta più immediata e più efficace per Milano…

«Non esistono ricette! Occorre vivere il Vangelo! Non ci può essere da parte nostra un “amore” vero all’uomo che escluda ciò che per noi è il “sommo Bene” per l’uomo stesso, cioè Cristo! Ecco allora la domanda che come comunità cristiana dobbiamo spietatamente farci per trovare insieme, nel discernimento dello Spirito, una comune e condivisa risposta: come portare il Vangelo nel nostro territorio?

Mi sembra che, al di là degli slogan e delle affermazioni di principio, si giochi qui, dentro queste dinamiche che generano approcci profondamente differenti dentro la realtà, le sfide che ci attendono per i prossimi anni.

Solo riuscendo a chiarire questi elementi si potrà superare il rischio di utilizzare le parole del papa e dell’arcivescovo in modo ambiguo, conducendo a sbocchi antitetici e generando dinamiche opposte rispetto a quelle che si vogliono, in teoria, perseguire».

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