Le insidie di un ufficio

Crede in una danza interdisciplinare fra le arti e le tecnologie. Esplora il corpo nello spazio urbano come elemento che, nell’era della globalizzazione e dell’alienazione metropolitana, condiziona il vivere dell’uomo. È il belga Frédérick Flamand, neodirettore della Biennale Danza di Venezia, che ha imbastito un programma sotto l’etichetta “Body City” per farci riflettere, attraverso compagnie giunte da diverse latitudini, sui mutamenti e i condizionamenti della città. L’Hans Hof Ensemble di Amsterdam ci catapulta in claustrofobico ufficio per parlarci non solo di routine burocratica, ma, attraverso le caratterizzazioni di un gruppo di impiegati, di dinamiche relazionali. Strappandoci sane risate. Concepito su una scena a due piani, Bureau un emblematico luogo-tana di rapporti di sopraffazione, di debolezze e futilità umane. È pure lo spazio dove la realtà può sconfinare nel sogno e il sogno in incubo. Tra scherzi e scanzonate ripicche fra colleghi, i ruoli si invertono e i rapporti rivelano falsità e arrivismo. Ingombra di scrivanie, di scaffali stracolmi di schedari, di metri di carta che scendono da stampanti sospese, la scena realistica impone movimenti che sembrerebbero limitare i bravissimi danzatori i quali, invece, sgusciano, saltano, si rotolano con libertà, leggerezza e precisione in ogni angolo della scena (i movimenti e i passaggi delle cartelle di mano in mano sono tra le invenzioni più divertenti e coreograficamente geniali). Al punto che l’ammasso di mobili e l’uso danzato degli altri oggetti sembrano inglobarsi nella gestualità del danzatore, e percorsi nei meandri dell’ufficio diventare prolungamento del corpo. Una magistrale lezione di vero teatrodanza che ci arriva, naturalmente, dal nord Europa.

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