Laggiù al Nord

Compie 100 anni il Giro delle Fiandre. In Belgio la “Ronde” non è solo una semplice corsa in bicicletta: a bordo strada birra, salsicce e patatine fritte condiscono identità, storia e cultura.
Giro delle Fiandre

Non si può descrivere la passione, la si può solo vivere. E il Giro delle Fiandre non si può raccontare: bisogna viverlo, dal di dentro, a bordo strada, magari parlando con la gente nell’attesa dei corridori. La corsa oggi è un lungo ponte di 256km, dalle Fiandre Occidentali e le Fiandre Orientali, da Brugge a Oudenaarde, dall’oceano alla campagna, passando per i terribili “muri”, brevi ed impervie salite dalle pendenze impossibili. Niente asfalto, niente cemento, ma solo grossi blocchi di pietra riposti uno accanto all’altro che insieme formano il terribile pavé. Quello che nelle città italiane viene combattuto come pericolo per motorini e ciclisti,  qui viene elevato a monumento, simbolo storico e patrimonio da curare e ristrutturare all’occorrenza. E’ il caso del Koppenberg, un muro che è entrato ed uscito un paio di volte negli ultimi dieci anni dal profilo della “Ronde” a causa della sua difficoltà: una difficoltà che spesso diventava anche imprevedibile al punto da mettere in pericolo la sicurezza dei ciclisti. Così nel 2007, l’amministrazione comunale di Oudenaarde si è fatta carico dei costi di ristrutturazione e il Koppenberg è rientrato in gara nella stagione successiva.

Quaggiù al nord, da cent’anni ormai, la storia si ripete in maniera curiosamente ciclica. Nel 1913 il giornalista belga Karel Van Wijnendaele, voleva creare una corsa che fosse fonte di promozione per il giornale da lui fondato, lo “Sportwereld”: mai avrebbe immaginato di dare il La ad un evento che è oramai parte della cultura belga.

Oggi, qualche decennio e chilometro dopo, con un albo d’oro che accoglie i grandi campioni della storia del ciclismo,  il Giro delle Fiandre è diventato un rito pagano in un giorno sacro nel quale si celebra la Pasqua dell’intera comunità fiamminga. A guidare la liturgia c’è solo un lungo e variopinto gruppo di duecento cinquant’otto ciclisti. Qui, il sentimento d’appartenenza si mescola alle bandiere gialle con stemma leonino, simbolo delle Fiandre, all’aroma della birra e al profumo delle patatine fritte. La gente si riversa sulle strade, in cima ai muri, affollando la banchina, urlando e cantando. Se a vincere poi è il ciclista fiammingo Tom Boonen, tanto meglio, la festa prosegue fino a sera e magari anche tutta la settimana, fino alla prossima classica: la Parigi-Roubaix.

Quaggiù al nord la gente, e in modo particolare il popolo belga, riscopre ogni anno che è la passione per il ciclismo ad unire e scuotere un’intera nazione. D’altronde da queste parti in bicicletta si va al lavoro, a scuola o a lavorare nei campi. In fondo anche per questo motivo in Belgio ci sarà sempre qualcuno disposto ad adottare un pezzo di pavé in caso di necessità.

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