L’Africa dà il via alla settimana mondo unito

In decine di città dei cinque continenti i giovani dei Focolari, per sette giorni, si impegnano a realizzare azioni, forum, workshop e a mostrare alle istituzioni internazionali le iniziative che rendono possibile la fraternità fra gli uomini
Africa

Karibuni, benvenuti! Jambo, ciao! Stavolta il saluto d’inizio della Settimana Mondo Unito parte dal Kenia, dalla cittadella dei Focolari a pochi chilometri da Nairobi. Questa expo della fraternità che quest’anno è arrivata alla 17ma edizione vedrà per sette giorni, decine di città nel mondo animarsi di iniziative e attività che metteranno in luce o semineranno fraternità, accoglienza, perdono, spesso in luoghi dove questi valori sono tra i più trascurati o assenti.

Quest’anno una novità è rappresentata dalla prima edizione dell’Atlante della fraternità, un dossier che si è impegnato a raccogliere queste testimonianze e queste azioni nei cinque continenti, diventando in qualche modo un album ufficiale o meglio, come qualcuno degli autori commenta “un primo timido tentativo di dare scientificità ad un principio che la Rivoluzione francese aveva ben associato ad uguaglianza e libertà, non sviluppandone poi i reali risvolti nella storia dell’umanità e nella vita quotidiana”.

Sfogliando queste pagine, più che una teorizzazione, a cui è riservato un capitolo, ci si imbatte in giovani e meno giovani che hanno sentito di costruire ponti o meglio di essere ponti in grado di legare o offrire u’opportunità di incontro a vite e popoli divisi, a situazioni di malattie e di disperazione senza happy end ma che elemosinano condivisione, ascolto, magari anche una app per mettersi in contatto con chi affetto da una patologia rara ha la solitudine come compagna di vita.

Questo è capitato a Anna di Melbourne che grazie alla tecnologia ha messo in rete pazienti e medici che lavorano sulla sindrome di Gorlin. Ma questo è solo uno degli 800 “frammenti di fraternità”, così vengono chiamate queste azioni che dal 2012 sono stati raccolti in tutto il mondo assieme alle 80mila firme, sottoscrizioni dell’impegno di fare della Regola d’oro, (Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te), uno stile di vita, un modo di essere e di agire.

Sharing fraternity, scambiarsi fatti di fraternità, diventa lo start di questa settimana che mutua questo slogan proprio da Sharing with Africa, il titolo del cantiere culturale, sociale e spirituale che si sta svolgendo proprio in questi giorni in Kenya, con giovani di 29 nazioni, di cui 14 africane. Cristine keniana non nasconde le ferite del suo Paese, la corruzione, le sfide dello sviluppo, la disoccupazione, le ingiustizie.

La loro strategia non è combattere contro, ma costruire una cultura altra dove si recuperino anche i valori di comunità, ospitalità, centralità della persona tipici del mondo africano. Il manifesto di questa inversione di marcia lo mutuano da un discorso di Chiara Lubich, fondatrice dei focolari che gli suggerisce i passi per cambiare la propria città: scegliere amici che condividono il progetto, scegliere gli ultimi e soccorrerli nelle loro necessità di cibo, vestiti, consolazioni, farmaci  e chiedere con fede a Dio ciò che manca, chiedere a Lui parole di saggezza.

Così si gettano le fondamenta di una città nuova e allo stesso modo si allarga il proprio sguardo al mondo. Si fa fatica a riprendere in mano il microfono, dopo questo intenso momento, in cui ciascuno ha trasferito idealmente la sua mente e il suo cuore nel quartiere e nel Paese da dove proviene e che agogna persone decise in grado di generare cambiamento, non solo nelle strutture, ma anche nella quotidianità più semplice e forse non da riflettori o da prime pagine.  

Uganda, Malawi, Congo, Argentina hanno la voce di questi giovani rappresentanti che prendono la parola non per discorsi di rito o dai facili applausi ma per siglare l’impegno ad essere sul serio ponti tra le diversità, tra le tribù e le generazioni, tra chi è stato condannato dalla globalizzazione all’ultimo posto e chi invece è riuscito ad essere primo. Caroline, keniana, afferma che oggi è stata accesa una candela, ma questa candela adesso deve accendere una vicina e quella vicina un’altra ancora, così si arriverà ad un mondo davvero uno”.

Susan Waititu, moglie di un deputato del Parlamento nazionale, esprimendo il suo apprezzamento incoraggia i giovani a “non pensare a sé stessi, ma agli altri. Quando sapete che una cosa è giusta abbiate il coraggio di andare fino in fondo, siate leader nei vostri paesi e non abbiate paura perché un Paese che non da spazio ai giovani è un Paese senza futuro”.

Maria Voce, presidente dei Focolari nel messaggio di augurio per la settimana mondo unito si è congratulata per il “caparbio coraggio” con cui si è lavorato al progetto e all’Atlante, consapevole che si lavora ad “un immane cantiere, ma si tratta del “sogno di un Dio”, come Chiara Lubich amava definirlo. E ciò è anche una garanzia. La fraternità universale non è utopia, anzi: se esige il cammino faticoso dell'umanità ne è pure la prospettiva inarrestabile”. Obiettivo di questo nuovo anno sarà quello di coinvolgere le delegazioni nazionali dell’Unesco nel riconoscimento ufficiale della Settimana Mondo Unito per il contributo offerto all’unità della famiglia umana.

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