L’Aam aadmi party: una fede nuova nella politica

Il Partito dell'uomo comune (Aap), guidato da Kejriwal, sta giocando un ruolo fondamentale nelle elezioni in corso in India. La sua capacità di parlare con semplicità alla gente raccoglie consensi e dà nuova vitalità al sistema politico, compromesso da ipocrisie e spesso troppo distante dai bisogni della popolazione
Arvind Kejriwal

In India continuano le varie tornate elettorali, distribuite fra il 9 aprile, data di inizio delle elezioni negli Stati del Nord-est, e il 7 maggio, giorno in cui si concluderanno i ballottaggi. Quello che emerge sempre più è il ruolo che, con tutta probabilità, giocherà il neo-protagonista della complessa scena politica indiana: Mr. Kejriwal, con il suo Aam aadmi party. L’apparire di quest’uomo comune, che ha fondato il partito dell’uomo comune (come recita il titolo del partito stesso), ha assicurato a queste elezione qualcosa di magico, dicono alcuni giornalisti e osservatori. È stato capace, infatti, come nota il quotidiano The Hindu, di ridare alla gente fiducia e speranza. In un certo senso, ha reinventato la politica della più grande democrazia del mondo.

La capacità di questo nuovo gruppo politico, nato interamente dalla base e dal movimento di Anna Hazare, che da anni combatte coi suoi digiuni contro la corruzione, soprattutto dei politici e della polizia, è quella di saper parlare alla gente, interpretando i suoi sentimenti, ma anche le sue lamentele, i suoi disagi. Kejriwal e i suoi sono riusciti a mettere in campo candidati che parlano agli elettori delle questioni di cui gli elettori vogliono sentire parlare nei diversi contesti, che in un Paese immenso e variegato come il gigante asiatico sono spesso molto diverse da Stato a Stato e, persino, da distretto a distretto.

Questo partito, con tutta probabilità, non arriverà a vincere le elezioni, ma rappresenta una novità assoluta, perché è stato capace di trovare la lunghezza d’onda giusta per farsi capire. Lo fa con umiltà e semplicità e con la capacità di assicurare costantemente delle sorprese, come quella di trionfare qualche mese fa nelle elezioni locali a New Delhi.

Senza dubbio, dall’altra parte, la concorrenza è quella agguerrita e tradizionale: il Congress party, chiaramente indebolito ed ormai poco credibile oltre che senza un leader carismatico; il Bharatya Janata party con il controverso, ma senza dubbio altrettanto carismatico, Narendra Modi, che incute timore nelle minoranze. Nessuno ha dimenticato che è stato sotto il suo governo locale nello Stato del Gujarat che un migliaio di musulmani furono trucidati nella cittadina di Godhra. Ormai protagonista nazionale, Modi pare destinato alla vittoria con il suo partito, ma molti pensano che non sarà in grado di vincere una maggioranza assoluta, proprio a causa della presenza della nuova forza politica di Kejriwal.

Migliaia di persone, studenti, professionisti in pensione, giornalisti, casalinghe, uno spaccato trasversale della società indiana guarda agli uomini dell'Aam aadmi party con una fede rinnovata nella politica. Qualcuno definisce questo partito come la crisalide del futuro della più grande democrazia del mondo. In effetti, a parte la classe media o anche i poveri, il nuovo gruppo ha raggiunto i rifugiati, le classi sociali costrette a quei lavori da sempre considerati impuri, come gli spazzini, coloro che sono dediti alla cremazione dei cadaveri, i nomadi (e sono tanti i gruppi tribali in diverse parti dell’India che ancora conducono una vita peregrinante), i pastori e le comunità dei pescatori.

Kejriwal e i suoi, azzardano alcuni osservatori politici, stanno impostando una politica del corpo. È il corpo, infatti, che può veicolare la protesta ed è il corpo che subisce il contrasto del potere: le manganellate dei poliziotti, le cannonate d’acqua contro i dimostranti. Ma il corpo garantisce anche la presenza, porta i segni della fame, della povertà. Il corpo permette alla politica di restare coi piedi per terra, di mantenersi al livello di rapporto fra persone. Era stato l’esempio di Gandhi e del suo modo di far politica. Il paragone con Gandhi potrebbe essere esagerato, ma recentemente ho saputo da un amico, già ambasciatore dell’India in sedi prestigiose, che il nipote del Mahatma, Rajmohan Gandhi, ha deciso di scendere in campo con l’Aam aadmi  party. Si presenta per il seggio della zona est della capitale, Delhi, ed ha impostato la sua campagna elettorale su questioni specifiche e precise: costruire le infrastrutture necessarie in zona dove manca aria pulita, parchi e persino servizi igienici.

Kejriwal sta sperimentando sul suo corpo la campagna. È stato anche attaccato fisicamente, schiaffeggiato, spintonato, fatto oggetto di violenza fisica, quindi. Per questo il suo discorso rischia di diventare credibile. È scevro di ridondanze politiche, diremmo dalle nostre parti, e delle ipocrisie che tutti sanno che la gran parte dei politici si porta dietro.

Certo, è un esperimento. Non si conosce l’impatto che potrebbe avere e che avrà. Lo si saprà, come l’oltre un miliardo di indiani, a metà maggio. Tuttavia, mentre i partiti tradizionali giocano sullo scacchiere della macchinosa struttura politica, la nuova forza parla e vive con la gente. È segno anche questo della vitalità di un sistema, comunque andranno le elezioni.

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