La tattica vincente

La vittoria di Nibali alla Vuelta, il Giro di Spagna, è un'impresa non di poco conto. Prossima tappa i campionati del mondo a Melbourne.
Nibali

Vent’anni vogliono dire una vita e da una vita un italiano non saliva sul gradino più alto del podio di Madrid. L’ultimo dei nostri fu Marco Giovannetti, già campione olimpico nella cronometro a squadre alle Olimpiadi di Los Angeles, che nel 1990 mise la propria firma sul successo finale al giro di Spagna. Vent’anni. Ne aggiungi sei e fai l’età di Vincenzo Nibali  da Messina, corridore della Liquigas Doimo fresco vincitore della 65° edizione della Vuelta: nessuno poteva immaginare che dalle parti dello stretto, mentre Giovannetti esultava, stava giocando in un cortile con gli amichetti il suo erede.

Vincere la Vuelta per un ciclista che con la Spagna ha poco da spartire è un’impresa: tradizione oramai vuole che i corridori spagnoli scendano nell’arena delle strade di casa loro come tori che, in preda alla furia dell’agonismo, puntano il matador, custode del famoso telo rosso, per aggiudicarsi “la roja”, il simbolo del primato, la maglia rosa in versione spagnola.

Vincenzo Nibali lo aspettavamo da tempo ma, cosa puoi chiedere di più a un ragazzo che a ventisei anni ancora da compiere ha già nel palmares un settimo posto al Tour de France (2009), un terzo posto  e una vittoria di tappa al Giro d’Italia (2010), più altri successi di rango accompagnati da svariate convocazioni in nazionale fin dalle categorie giovanili?

Lui Vincenzo, “torero” semplice e tranquillo i suoi avversari li ha mandati tutti al tappeto uno ad uno con la precisione del matador che aspetta l’attimo giusto per sferrare il colpo decisivo. Ezequiel Mosquera, scalatore iberico di otto anni più vecchio ne sa qualcosa. Ha provato in tutti i modi a infilzare il giovane siciliano sulle temibili rampe della Bola del Mundo sabato durante la penultima tappa, quella decisiva ma, non c’è stato nulla da fare. Vincenzo si è staccato dalle sue ruote, l’ha lasciato andare, ha giocato d’astuzia. Con stile soffriva sulla bicicletta tanto da meritarsi i complimenti dei commentatori della tv spagnola. A qualche centinaio di metri dal traguardo il ricongiungimento. Mosquera vince la battaglia ma, è il nostro Nibali a inchinarsi per ricevere l’applauso del pubblico dell’arena che osanna un piccolo grande capolavoro.

Perché vincere un grande giro senza mai aggiudicarsi una tappa vuol dire essere sempre lì con i migliori per tre settimane quando “scoppia la corsa”, percorrendo ogni chilometro sapendosi gestire, dosando ogni energia da poter spendere al meglio il giorno dopo, perché in Spagna nessuno ti regala niente. Ieri solo alcuni sapevano chi era Vincenzo Nibali, già campione italiano juniores a 18 anni, oggi tutti sappiamo di cosa può essere capace e sognare di aver ritrovato un atleta che interpreta il ciclismo alla vecchia maniera cercando di essere protagonista tutto l’anno. Dopo le classiche del Nord, il Giro d’Italia, la Vuelta ora i campionati del mondo a Melbourne. Nemmeno il tempo di godersi il successo che il torero è pronto a cambiare abito per indossare la maglia azzurra: lo “squalo dello stretto” punta dritto verso l’Australia. Cosa succederà? Nessuno lo può immaginare.

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