La scoperta di un Correggio

Le analisi sulla tela del Redentore benedicente, conservata ai Musei Vaticani, hanno rivelato che si tratta di un originale
cristo

Non una copia e nemmeno una tela di scuola. Ma uno stupendo originale, un autografo del Correggio. Ben pochi si fermavano ad osservarlo, dirigendosi fra i capolavori della Pinacoteca vaticana verso la sala di Raffaello: la tela del Redentore benedicente, dal sorriso dolce e le braccia stese in un gesto ampio di accoglienza, sembrava un quadro oleografico, uno dei tanti. Invece, quattro anni di indagini di laboratorio sofisticate, di studi sui passaggi storci dell’opera, di analisi stilistiche e coloristiche, hanno rivelato che questo è un bellissimo originale. Viene da Correggio, la città del pittore, che abitava vicino alla Confraternita della Misericordia per cui l’opera – cimasa di un polittico ligneo – fu eseguita. Degli altri scomparti del grande altare due sono finiti a New York, al Metropolitan Museum, gli altri, scomparsi.

 

Gli studi hanno evidenziato dei dettagli di notevole interesse. La folla di angeli-bambini intorno al Cristo sono i “troni” delle gerarchie angeliche che Correggio in questa come i n altre sue opere interpreta come ritratti autentici di bambini vivaci: Correggio infatti è uno dei grandi pittori dell’infanzia di ogni epoca. Il Cristo in gloria poi è circondato da un alone dorato e da un nimbo candido, secondo una iconografia all’epoca rivoluzionaria. Si tratta infatti, come ha notato l’iconologo Rodolfo Papa, non di Cristo ma di Dio padre: un tipo di raffigurazione che risale addirittura all’alto medioevo, in cui il Padre è raffigurato col volto del Figlio che è il “Dio visibile”. Non quindi il vecchio terribile di Michelangelo, ma il Dio eternamente giovane e accogliente – le braccia aperte – perché amore, cioè misericordioso. Una raffigurazione in piena linea con lo scopo della confraternita nella cui cappella occupava il posto centrale, sull’altare maggiore.

Le radiografie hanno evidenziato poi i “pentimenti” in corso di lavoro da parte del pittore, nelle proporzioni del corpo di Dio e negli angioletti, compiute dopo che il Correggio aveva visto il quadro esposto in alto e quindi bisognoso di correzioni prospettiche per essere osservato dal basso.

 

A parte queste annotazioni, che aiutano a comprendere la tela, essa va goduta nel suo splendore luminoso: veramente luce su luce. La magia dei bianchi e dei grigi, l’oro del fondo, la luminosità morbida del volto divino e soprattutto quel gesto delle braccia spalancate ad accogliere e a perdonare, danno un sentimento di commozione, come succede quando arte e fede sono in perfetta concordia.

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