La posta del direttore

Non scusate i kamikaze Seguo da anni la vostra rivista, ma non ho mai trovato una condanna forte, assoluta, radicale della figura e soprattutto della cultura del kamikaze, quasi che questa presa di posizione più profonda possa ostacolare il dialogo con i musulmani ed il progresso verso un mondo più pacifico. Cercare di capire azioni così mostruose, radicalmente antiumane, o addirittura addurre pseudo-giustificazioni socio-politiche, ci porterà a barbarie ben più gravi del nazismo e del comunismo del secolo scorso su scala globale. Invece di indulgere a ripetuti appelli al dialogo o ai riti consolatori di bandiere e marce pacifiste, mettiamo la nostra energia uniti nel riparare la casa del Signore, come fece san Francesco. In attesa di un cambiamento della linea della vostra rivista, prego di sospendere il mio abbonamento . Amedeo Postiglione – Roma Seguendo la rivista, dovrebbe aver notato che se privilegiamo il dialogo è proprio perché lo riteniamo l’arma migliore per disinnescare l’azione insensata dei kamikaze come ogni altra forma di violenza. In verità non siamo stati teneri con gli attentatori delle Torri gemelle, di Madrid e di Londra, né abbiamo mai scusato i kamikaze. Abbiamo invece invitato gli stessi musulmani nostri amici a condannare con più coraggio chi predica l’odio. Ma al tempo stesso non possiamo tacere il fatto che la guerra in Iraq non ha allontanato ma incrementato la reazione dei disperati. Tuttavia, ciò non equivale a scusarli. Rissa politica e impegno serio In questo momento l’argomento politica non fa altro che accendere gli animi e aumentare i contrasti. Ci si accanisce sempre di più contro il governo in tutti i modi possibili, per cercare di rendere ingovernabile la nazione. Si usano calunnie, falsità, realtà distorte. In questo modo si alimenta l’odio soprattutto fra i disobbedienti, i noglobal e i gruppi estremisti che non vedono l’ora di trovare occasioni per compiere devastazioni. Ma se si continua così a creare contrasti, invece di collaborazioni, speriamo che non si arrivi a trascinare l’Italia verso la guerra civile. Questa mia lettera per consigliarvi a non parlare più di politica su Città nuova finché siete in tempo. Un abbonato – Roma Certamente la politica ridotta a rissa, cui assistiamo da un po’ di tempo, può gettare nello sconforto e indurre pensieri come quelli espressi da lei. Fortunatamente c’è dell’altro ed è ciò a cui cerchiamo di dare voce. Prendo spunto da un’altra lettera inviatami da un giovane di Teramo, estrapolando la testimonianza sull’impegno politico di una signora eletta nelle amministrative, apparsa su l’Araldo abruzzese. Si potrà obiettare che altra cosa è l’impegno politico a livello comunale, altra a livello nazionale. Ma i princìpi fondanti, a mio avviso, sono gli stessi: quelli della ricerca del bene comune. La scelta di presentarmi, a 60 anni, alle elezioni amministrative del 2004 nel mio paese, da cui sono risultata eletta nel gruppo di minoranza, è nata dal bisogno di poter essere, in qualche modo, utile alla mia comunità, dando la mia esperienza di vita, vissuta in una prospettiva di giustizia sociale e di solidarietà. Ecco dunque il valore cristiano per il quale decido di candidarmi: portare con umiltà e chiarezza ideali specifici e valori nel rispetto primario della dignità di ogni uomo, al servizio della comunità, specialmente dei più deboli. Dopo un anno e mezzo di impegno politico, sono addivenuta ad alcune considerazioni. Ho conosciuto in amministrazione comunale persone corrette che, sebbene a fatica, danno il proprio contributo attivo e critico di idee in una politica al servizio di tutti. Ho conosciuto anche chi traligna, i professionisti della politica, da cui traggono strumentalmente interesse o per l’uno o per l’altro, a danno del bene comune. Ho l’impressione talora di essere in uno stato di tensione dolorosa, ogni volta che prendo visione di alcuni procedimenti amministrativi, certe assenze strategiche di alcuni consiglieri di maggioranza nei consiglio comunali e nella giunta, negando a volte uguali diritti e pari opportunità a tutta la comunità. Sebbene alla luce di tali fatti, sono ancora convinta che un dialogo sincero, costruttivo, meno formale possa portare frutto, poiché l’esperienza dell’uno può essere ricchezza per l’altro, in un percorso di crescita personale e al servizio della comunità. Tutto questo per dire che è importante camminare insieme, maggioranza e minoranza, nel rispetto delle posizioni diverse, mettendo a fuoco le ragioni dell’impegno per il quale ognuno si è candidato. Italia Iacoponi La mistica sociale di Alberto Hurtado Domenica 23 ottobre papa Benedetto XVI ha elevato agli onori degli altari il gesuita cileno Alberto Hurtado (1901-1952) che fu un uomo di azione più che un teologo. I fondamenti teologici della sua mistica sociale li troviamo nelle testimonianze su di lui, nella sua vita e nei suoi scritti. Nulla esprime meglio la sua mistica cristiana della indissolubilità che esiste tra l’amore verso Dio e l’amore verso il prossimo, a maggior ragione se povero. La più autentica tradizione della chiesa ci spinge a porre la domanda: è possibile una mistica cristiana che non sia anche sociale? Figura molto amata in Sudamerica ed in particolare nel Cile dove è nato e ha lavorato nella pastorale del lavoro anche come prete operaio, egli seppe, cogliere e valorizzare la dimensione sociale della spiritualità e dell’amore verso Cristo, nei poveri. Maffezzoli Giancarlo – Verona Una testimonianza dovuta Sono un’insegnante in pensione e sento il dovere di offrire una testimonianza per la quale non caso ho scelto la vostra rivista. Nel mese di giugno mi sono recata in Uganda dove ho ammirato le bellezze naturali di quella terra, la calorosa accoglienza dei suoi abitanti che manifestano con semplicità il loro profondo senso religioso della vita nonché la dignitosa rassegnazione alla loro povertà. Fra l’altro ho visitato due strutture: la Clinica Zia Angelina a Namugongo e la scuola elementare Arcobaleno frequentata dai bambini adottati a distanza. Due fari di luce irradiata da missionari laici il primo e da missionarie laiche il secondo. Tutti focolarini. Sono tutti volontari e svolgono un lavoro massacrante sempre col sorriso sulle labbra ed in maniera egregia. In più, oltre che vivere il vangelo nella sua pienezza, lo divulgano seguendo il comando di Gesù. Ed io sono certa che un giorno sarà lui a dire a questi missionari: Grazie, grazie perché quello che avete fatto ad ogni persona di quella terra sventurata lo avete fatto a me. Raffaelina Barbaro Santoro Palmi (R.C.) Guardare in prospettiva In casa nostra Città nuova viene letta da tutta la famiglia. Ma non ci arriva regolarmente. Per esempio, mi è arrivata solo di recente la copia di marzo. La cosa è saltuaria. Misteri delle Poste italiane… All’inizio mi dispiaceva, poiché avevo la sensazione di perdermi il presente, e leggere cose vecchie… Tuttavia col tempo ho maturato una sensazione nuova, che mi porta ad apprezzare e di fatto quasi a cercare questo ritardo. In effetti negli articoli di Città nuova, spesso, non solo viene spiegata una situazione, dando una lettura del presente e del passato che a quel presente ha condotto, ma viene anche data una visione del futuro, di come ci si aspetta o si spera che il tutto si evolva. Leggere l’articolo anche mesi dopo, permette di vedere in prospettiva le cose con più elementi di giudizio, cogliendo il presente di quella che all’epoca era solo una prospettiva, rileggendo quello che allora era un presente, come un passato da capire meglio. Infatti, tanto le coincidenze che le discrepanze, frutto dell’evoluzione della situazione, risultano molto interessanti ed istruttive. Interessanti poiché si può dare un seguito ad un argomento che altrimenti rimarrebbe in sospeso o, peggio, dimenticato. Istruttive poiché scoprire che una lettura non era completa, e capirne il perché, è un arricchimento. Per questo vorrei suggerire di inserire una sezione in Città nuova che riprenda periodicamente alcuni articoli/temi, per dargli un esplicito seguito, vedere come si evolve, vedere cosa abbiamo imparato…. Massimo Cardaci – Frascati Lo sappiamo che purtroppo a periodi le Poste italiane funzionano male e possono verificarsi anche gravi ritardi nelle consegne. È successo nel suo distretto a causa – ci hanno detto – di una ristrutturazione. Ma capita anche altrove. In questi casi consigliamo di protestare presso la direzione delle Poste locali, o di fornire gli estremi al nostro ufficio abbonamenti. Se poi, quando Città nuova arriva in ritardo, consente di fare le considerazioni che così argutamente lei fa, mi pare che non potrebbe esserci un apprezzamento più desiderabile per chi si sforza di approfondire gli argomenti che tratta sulla rivista. Lei ha notato che su Città nuova cerchiamo di esaminare i fenomeni che incidono sulla società e, se parliamo di singoli fatti, è perché in genere sono segnali emblematici di mutamenti di lungo corso. Grazie dunque, anche a nome di tutti i colleghi di questa sua valutazione. Quanto al seguito da dare ai temi trattati, mi pare che, compatibilmente con il tempo e lo spazio di cui disponiamo, ciò avvenga già.

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