La posta del direttore

FERROVIE ED AUTOSTRADE “Faccio riferimento all’articolo di Alma Pizzi “La strada dell’Est”. Concordo pienamente circa la necessità di realizzare questo collegamento ferroviario tra ovest ed est dell’Europa: oltre ad una via di comunicazione per persone e merci diventerebbe anche una via di comunicazione di idee e di culture e concorrerebbe, non poco, ad una vera unificazione, nella diversità, dei popoli europei. Ciò su cui non mi trovo d’accordo è l’importanza che viene data, anche in questo caso, al semestre di presidenza italiana dell’Europa. Come afferma l’articolo, in Italia abbiamo un sensibile ritardo nella realizzazione di strutture ferroviarie, rispetto agli altri stati europei. Perché? In passato abbiamo smantellato linee tranviarie, linee ferroviarie secondarie, non abbiamo realizzato nuove linee ferroviarie e metropolitane, il tutto a vantaggio dell’autotrasporto, che ci sta letteralmente uccidendo. Tutto questo, secondo me, deriva dall’aver obbedito a taluni potentati economici, tuttora ben presenti ed attivi, che hanno così ottenuto vantaggi significativi. Come italiani siamo dunque, purtroppo, poco titolati a parlare di ferrovie ed inoltre la matrice politica del nostro attuale governo e le scelte da esso finora operate non sembrano certo voler modificare, nella sostanza, questo stato di cose. Gian Maria Bidone – Grottaferrata Concordo con quanto dice a proposito delle scelte del passato e delle sue cause, anche se oggi il nostro ritardo rispetto ai principali paesi europei non riguarda più soltanto le ferrovie, ma la stessa rete autostradale. Comunque non direi che siamo incompetenti in fatto di trasporti e tecnologia ferroviaria che esportiamo in molti paesi. Quanto al semestre di presidenza italiano, l’articolo non vi fa alcun cenno. Purtroppo è cominciato male, anzi, malissimo. E il perdurare della spaccatura fra i paesi dell’Ue pro e contro gli Usa non gioverà a nessuno. DI QUESTO PASSO SUONEREMO IL VIOLINO “Sono un artigiano ormai pensionato, ma preoccupato in modo particolare per il lavoro in Italia. “I nostri produttori, di fatto, non devono produrre troppo altrimenti sono multati (si pensi a cosa è successo col latte); le nostre industrie sono costrette a licenziare perché gli ordini sono insufficienti, visto che gli italiani preferiscono macchine e moto estere nella misura del 70 per cento. Siamo nel libero mercato. “Non vi sembra però che se andiamo avanti di questo passo i nostri operai, o almeno le nuove generazioni, dovranno suonare il violino nei ristoranti per i turisti? Oppure andare un’altra volta a lavorare all’estero? “Si fa tanto il tifo per la nazionale di calcio e va bene; ma facciamo anche il tifo per i nostri operai comprando prodotti italiani, anche se questo vuol dire a volte rinunciare a qualcosa a beneficio di tutti. “Da parte mia ho sempre comprato macchine e prodotti alimentari di case italiane e ne sono contento “. Alessandro Matta – Castelnuovo Don Bosco (Asti) L’esterofilia degli italiani, che li porta a preferire ciò che viene fatto o detto dagli stranieri, è proverbiale. Sempre più spesso ditte italiane danno a sé stesse e ai loro prodotti nomi inglesi, così come attori e musicisti scelgono nomi d’arte che li facciano apparire americani. È un retaggio subconscio della nostra ascendenza servile.Tutto ciò danneggia non solo i produttori, ma gli stessi consumatori e soprattutto, come lei sottolinea, i lavoratori del nostro paese.Tuttavia mi pare che si stia creando un onda di riflusso, tant’è vero che sempre più di frequente i nostri prodotti, specie gli alimentari, vengono preferiti perché oggettivamente migliori. Ma la salvaguardia del lavoro va molto al di là di queste considerazioni. Certo, il mercato comune e la globalizzazione rappresentano una grossa sfida che, con l’apertura dei mercati, esige anche l’equiparazione di tutte le regole che disciplinano il lavoro e la vita sociale. Ci si arriverà per gradi, non senza grossi sacrifici. Come dimostra il vertice del Wto appena concluso a Cancun. FAMIGLIE IN ATTESA DI SENTENZA “Non so cosa darei per questo grande papa che ha detto:”È la famiglia il bene più grande”: quindi essa è come la pupilla degli occhi, come l’opera più bella di Dio. Perché, allora, tutti non aiutano il papa? “Ho fatto il cappellano delle carceri e penso ai milioni di processi insoluti, milioni di famiglie che piangono. Capite cosa sono milioni di famiglie in forte disagio? Ed io so cosa vuol dire processo. “Ho ricevuto grande conforto dai miei parrocchiani, dai parenti, ma anche da vescovi e cardinali. E mi sento di dire a tutti: non abbiate paura, è una crociata santa. Anche queste famiglie devono essere al centro del progetto della diocesi”. Parroco di Cotrebbia (Pc) È vero che, quand’anche ci si occupi attivamente dei carcerati e dei loro problemi, di rado si riflette sul dolore delle loro famiglie. Meno che meno, poi, si pensa a chi è in attesa di giudizio; né ci si immagina che possano essere milioni. Ora, è vero, almeno penso, che non si tratta sempre di processi penali; ma il disagio, materiale e morale, che ne deriva, è comunque tanto, e può incidere in modo indelebile nella vita di una persona. Ci troviamo quindi sul fronte di chi non cessa di invocare lo snellimento dei processi. Ogni risorsa dedicata a questo scopo è ben spesa. LA POLITICA INTERESSA ANCHE ME “Sono stata invitata ad un incontro del Movimento politico dell’unità nella cittadina vicina alla mia. Questo incontro mi ha cambiata ed ho sentito che la politica interessava anche me. “Ho partecipato al consiglio comunale dove c’era divisione, disunità, con animi accesi. Mi sono trovata tra la mia gente e ascoltando or l’uno or l’altro cercavo di mettere pace e di far vedere ciò che di buono c’era da ambo gli schieramenti politici. “Qualche giorno fa ho incontrato per caso il nuovo sindaco che è anche un uomo di fede e mi sono sentita di avvicinarlo, salutarlo e dirgli che pregavo per lui, per la grossa responsabilità che si era preso sulle spalle. Ho visto dai suoi occhi la gioia. Mi ha ringraziato dicendomi che ha veramente bisogno di molte preghiere”. Rosanna Cervetti – Chiavari POESIE COME “CANNONATE” “Scrivo a proposito dell’articolo “Non solo poesie”. Solo in una cosa non mi trovo d’accordo con l’autore dell’articolo, Michele Genisio: le poesie di quei ragazzi del liceo “Maria Ausiliatrice” di Torino non sono semplicemente “piccole grida” o “sospiri”, bensì urla, vere e proprie “cannonate” della morale, che generazioni intere di grandi poeti ci hanno insegnato a coltivare e lanciare contro questo mondo a volte sordo e capace solo di ferirsi con le sue stesse mani piuttosto che recepire un messaggio di pace, tramite uno straordinario verso. Complimenti particolari a Rossella per la sua splendida poesia!”. Marco Bertucci – Palermo ISINDACI DEI PICCOLI COMUNI “Ho letto che alla terza conferenza dei piccoli comuni, svoltasi a Rieti, vi sono state “decise prese di posizione per l’abolizione del limite dei due mandati elettivi per i sindaci”. “Io penso che l’aver posto questo limite sia stata una scelta positiva, non solo per i risultati negativi che una prolungata permanenza al “potere” può portare con sé e che troppo spesso abbiamo costatato, ma anche per il bene della persona dello stesso sindaco. “Uno che si assume questa responsabilità per genuino spirito di servizio e non per ambizione o per brama di potere, dopo dieci anni, si ritrova talmente “spremuto” da aver assoluto bisogno di “staccare” e ritornare ad una vita “normale”. “Insomma un sindaco che porta avanti un impegno del genere per dieci anni e smania per ricandidarsi mi lascia molto perplesso e non so se lo voterei”. Angelo Guzzon – Cernusco Lombardone (Lecco) Caro signor Guzzon, lei tratteggia con efficacia alcuni aspetti della figura del sindaco che corrispondono alla realtà, sia per quanto riguarda il prezioso servizio che egli può svolgere nei confronti della comunità, sia per quanto concerne i rischi dell’attaccamento al potere. Autorevoli osservatori sostengono però che imporre un limite al numero dei mandati che un sindaco può svolgere sia lesivo di un principio importante in democrazia: la libertà di scelta. Non si può togliere ad una comunità cittadina il diritto di confermare più volte l’amministratore che ha ben operato. Una garanzia di un buon governo, come testimoniano le numerose esperienze che il nostro Movimento politico per l’unità ci sta fornendo da anni, credo sia nel lavorare dal basso per favorire l’effettiva partecipazione dei cittadini; scegliere il candidato che si pone in dialogo con i cittadini stessi e costruisce con loro il proprio programma, disponibile a rendere conto del proprio operato; cercare il dialogo fra maggioranza e minoranza; sviluppare l’attenzione ai bisogni degli ultimi. In conclusione, la crescita della maturità politica dei cittadini è la prima garanzia del buon governo.

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