La parola terrorismo che New York non nomina

La bomba esplosa sabato sera a Chelsea ha ferito 29 persone. Mentre le indagini provano a individuare movente ed esecutori, i newyorkesi si riprendono la loro vita e il loro quartiere. «La paura non può fermarci»
Terrorismo NYC © Michele Zanzucchi 1997

È tornata a gelare gli animi. Stavolta aveva il suono di un tuono, seguito da un frantumarsi di vetri. Poi le urla, la corsa. La paura è tornata nelle strade del West Side di Mahnattan sabato sera, quando un ordigno depositato in un cassonetto è esploso provocando 29 feriti, non gravi. Dopo i primi soccorsi, tutti infatti sono potuti tornare nelle loro case. Quelle case però non sono rimaste sbarrate. Domenica e anche oggi New York ha ripreso la sua vita. C’è chi esce per portare a spasso il cane. Chi si aggira vigilante per carpire qualche indizio e aiutare la polizia. C’è chi vuole passare proprio tra la 23 e la sesta strada per esorcizzare la paura e vedere da vicino quei pezzi di cassonetto che custodivano la pentola della morte. Nessuno osa pronunciare la parola terrorismo.

 

Lo ha fatto il governatore Cuomo in conferenza stampa spiegando che «non vi è prova che collega la bomba al terrorismo internazionale. Vogliono farci paura. Vogliono impedirvi di venire a New York». Ha pronunciato solo una volta quella parola temuta e dopo nulla. Non l’ha nominata neppure il sindaco Di Blasio, visibilmente teso: tutti preferiscono parlare di esplosione e di ordigni. Chi ha vissuto l’11 settembre sa che quella parola racchiude un carico di sofferenza indicibile e ne teme il suono perché niente è paragonabile a quello strazio e a quelle settimane di terrore. «Certo la paura ci accompagna, ma non ci paralizza. Abbiamo impiegato quasi dieci anni per imparare a conviverci, ma se qualcosa deve accadere accadrà», dice un’anziana signora a passeggio per le vie di downtown. La città vive sulla sua pelle quello che l’Europa da qualche anno sta sperimentando: il male che non ha obiettivi specifici, ma colpisce casualmente con l’unica motivazione di far soffrire e veder soffrire come se la vita fosse poca roba e senza valore. Neppure il palcoscenico di twitter immediatamente popolato di messaggi e attacchi politici inopportuni ha ripreso l’espressione terrorismo.

 

L’Fbi e la polizia intanto hanno setacciato e setacciano le zone vicine all’esplosione e dopo aver rinvenuto un ordigno simile sulla 27a strada stamattina hanno schierato oltre mille forze dell’ordine per sorvegliare stazioni metro e scali. Quelle pentole a pressione, che come a Boston (quando uccisero tre persone) contenevano frammenti metallici, non sono oggetti rudimentali solo perché preparate con le luci di Natale e attivate da un cellulare. Sono uno dei modelli di bombe che il catalogo "fai da te" dell’Isis offre a chi vuole aiutare la causa. Il Califfato però non ha fatto rivendicazioni su New York, ma si è premurato di farle sulle nove persone ferite dentro un centro commerciale in Minnesota, dove  un uomo armato di coltello colpiva all’impazzata nel nome di Allah. New York per ora sembra fuori dal mirino dell'Isis.

 

La polizia sospetta che Ahmad Khan Rahami, un cittadino statunitense di origini afgane sia coinvolto nell'esplosione a Chelsea e nella preparazione di altre bombe ritrovate questa notte nella zona di Elisabeth station in New Jersey. L'Fbi ha diffuso un volantino con la foto e il sindaco intervenendo ad un programma radiofonico del mattino ha chiesto l'aiuto dei newyorkesi per identificarlo, ma li ha messi in guardia perche' l'uomo "Potrebbe essere armato e pericoloso". Si attendono sviluppi.

 

Stamani la città si sta preparando ad accogliere gli oltre 130 capi di Stato e di governo che parteciperanno martedì all’Assemblea generale Onu. Tanti di loro già oggi stanno prendendo parte alla sessione straordinaria dedicata alle migrazioni in un clima blindato, ma non angosciato. Il blocco del traffico inquieta molto più della stentorea voce del conducente della linea F che annuncia di saltare la fermata 23, luogo dell’attentato. New York ha imparato a dominare l’ansia, ma resta guardinga perché stavolta ha schivato il colpo, ma la prossima sarà lo stesso? «C’è uno spirito di New York, se così possiamo dire – ha dichiarato Graham Mills al "The New York Time" – che va avanti a prescindere. Noi andiamo avanti con la vita». E la vita ha anche tutta la frenesia di un lunedì d’affari, di studio e di lavoro.

I più letti della settimana

Tonino Bello, la guerra e noi

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons