Riportiamo una riflessione inviata dall’amico lettore Mario Chieregato in merito ad una proposta di politica internazionale del nostro Paese nel contesto del mondo in guerra
Tutti siamo invitati a far qualcosa per la pace: chi prega, ed è essenziale; chi cerca di costruire la pace dentro di sé, in casa, nel vicinato e sono tutte cose belle e necessarie.
Alcuni sono spinti a “pensare” possibili vie di pace: per l’Ucraina, per Gaza e la Cisgiordania, per il Sudan e tanti altri luoghi dove esiste la guerra e la pace è desiderata dagli ultimi tra la popolazione.
Una proposta è stata ripresa poco tempo fa: il Ministero della pace. Nata da don Oreste Benzi, rilanciata poco tempo fa da un articolo di Stefano Zamagni (cfr: “Avvenire” del 22 giugno 2025) è stata fatta propria, da tempo, da molte Associazioni e Movimenti oltre che, naturalmente, dall’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII. (cfr: su “Città Nuova on line” l’articolo di Maria Bencivenni: Focolari, il realismo del ministero della Pace – 26 giugno 2025).
Vorrei, oggi, tentare un pensiero di pace che riguarda noi, in Italia: un pensiero difficile da attuare, che richiede tempi lunghi, ma che potrebbe essere un segno anche per gli altri popoli.
Portare l’Italia alla “neutralità” in modo simile alla vicina Svizzera.
Già i padri costituenti hanno votato il ripudio alla guerra “come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” (art 11), spingendoci a ricercare altri mezzi.
L’essere un Paese neutrale favorirebbe il dialogo ed accordi bilaterali con gli Stati di ogni area e continente della terra: con gli USA e i Paesi occidentali, ma anche con la Cina, con la Russia, con tutti gli Stati del mondo che lo desiderano.
Forse il primo passo da compiere in questo senso sarà con gli USA e la NATO. Dovremmo ringraziarli per gli aiuti offertici subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale e negli anni della “guerra fredda”, ma potremmo chieder loro il ritiro delle armi e delle forze USA e NATO dalle basi in Italia.
Questo ci offrirebbe la possibilità di aderire, come Paese, al Trattato TPNW (Trattato per la Proscrizione delle Armi Nucleari) adottato dall’ ONU nel 2017 ed entrato in vigore nel 2021. Il Trattato attualmente è sottoscritto da 84 Paesi del mondo tra i quali, purtroppo, non c’è l’Italia. Il Trattato TNPW infatti proibisce agli Stati sottoscrittori di sviluppare, produrre, possedere e usare gli armamenti nucleari, o anche permettere alle testate nucleari di stazionare sul proprio territorio.
Le armi nucleari, infatti, minacciano l’esistenza stessa dell’umanità e l’intera vita sul nostro pianeta. I loro effetti travalicano i confini nazionali e si protraggono per generazioni.
Ma qualsiasi guerra è da bandire: oggi, e sarà sempre più così, viene combattuta in gran parte attraverso missili, droni e robot che colpiscono con precisione gli obiettivi.
A mio parere sarebbe molto più produttivo investire nella pace, sia, istituendo il Ministero, sia finanziando e ampliando di molto i Corpi Civili di Pace.
Si potrebbe addirittura pensare di rendere quasi obbligatori dei periodi di formazione per tutti i giovani e le giovani, in modo che siano preparati ad accorrere dove ci sarà necessità.
Utopia? Domani forse no!
Mi rendo conto che il discorso è, per il momento, troppo “innovativo”. Però consideriamo il motto “uniti nella diversità”, concetto chiave per l’Unione Europea: potremmo attuarlo anche all’interno dell’Italia.
La Storia ci insegna che gli italiani sono sempre stati “divisi” quando si trattava di entrare in guerra; sia nella Prima guerra mondiale che nella Seconda, siamo stati “costretti” dai nostri governanti ad entrare in guerra dopo parecchi mesi che erano già iniziate.
Uniti nella diversità potrebbe voler dire mantenere l’esercito a scopo difensivo, con i giovani che volessero far la leva militare, e contemporaneamente dar vita a una leva dei giovani che volessero aderire ai Corpi Civili di Pace del tipo “Operazione Colomba” dell’APG23.
Qualora poi, nel tempo, la maggioranza della popolazione italiana scegliesse di premiare partiti e governanti che condividono queste idee, si potrebbe iniziare il percorso verso la “neutralità”.