La morte del figlio

«Non riesco ad accettare la disgrazia che mi è capitata. Dopo la morte improvvisa di mio figlio, non riesco più a ringraziare Dio per il suo amore». Una mamma
Volto

È più che comprensibile la sua reazione di fronte a ciò che le è capitato: ci sembra impossibile conciliare l’amore di Dio con il dolore! Forse è perché siamo abituati a pensare ad un Dio onnipotente, nel senso che può quello che vuole.

In realtà, Gesù ci ha manifestato prima di tutto il volto di un Padre, che non tanto ci toglie il dolore, quanto lo condivide con noi.

Il primo sconfitto, nella logica di cui dicevo prima, sarebbe proprio Dio stesso, che non ha usato della sua onnipotenza per venire incontro al suo Figlio in croce. E Gesù stesso ha sperimentato il senso dell’abbandono di Dio… Eppure, proprio in quel momento, ha detto col cuore, più che con le parole: «Padre, nelle tue mani affido la mia vita».

 

È solo in Gesù che noi scopriamo che ogni dolore può avere un senso e troviamo il modo e la forza di viverlo: rituffandoci nelle mani del Padre, arriviamo a sperimentare che «tutto concorre al bene per coloro che amano Dio». La strada concreta ce la indica Giovanni nella sua prima Lettera: «Noi siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli».

Provi anche lei a non chiudersi nel proprio dolore, ma a cercare di far propri i dolori e le gioie di chi le passa accanto: e vedrà compiersi questa alchimia divina.

Anch’io, da bambino (9 anni), ho sperimentato il distacco dalla mamma (39 anni): sulla sua bara ho scoperto che si può “sorridere sotto le lacrime”. Le lacrime, che non si possono cancellare, esprimono la nostra esperienza vista “di qua”, il sorriso è rivolto a chi noi vediamo morto, ma è vivo nel cuore del Padre.

Pensi a suo figlio vivo, come Gesù risorto: ci saranno, certo, ancora lacrime, ma sentiremo che il Padre le fa proprie.

tongan@alice.it

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