La missione di Obama in Centro America

La regione Messico-Centro America riveste per l’amministrazione statunitense un interesse strategico ancora più evidente da quando il presidente è stato rieletto
Obama e Chinchilla in Costa Rica

Il voto latino negli Stati Uniti da qualche tempo ha acquistato un peso notevole e Obama ha saputo mostrarsi attento alle legittime richieste di questa parte della popolazione. Ne tenne conto a suo tempo spingendo per un’ampia riforma migratoria, orientata a legalizzare la presenza di 11 milioni di immigrati senza permesso, la maggior parte proveniente dal Messico e Centro America. Si calcola che il 73 per cento della popolazione latina negli Stati Uniti, in tutto 55 milioni, abbia votato per l’attuale presidente. Ora la riforma è ben avviata ed è allo studio di una commissione mista del Senato. Con questo viaggio Obama ha rinsaldato un’intesa che paga, oltre ad inviare un segnale di speranza ai 40 milioni di abitanti degli otto Paesi della regione, che guardano al Nord per scrutare l’arrivo del buon tempo.

Nella prima tappa a Città del Messico, l’agenda presidenziale prevedeva di dare impulso ad una maggiore collaborazione tra le rispettive economie. Si è voluto così dare una svolta al rapporto fra i due Paesi che in passato era stato monopolizzato dai temi della sicurezza legata alla migrazione irregolare, del narcotraffico e del traffico d’armi. La congiuntura era favorevole, visto il buon inizio, formale, della gestione del presidente Enrique Peña Nieto, più pragmatico del suo predecessore e disponibile a voltar pagina. L’obiettivo che gli accordi raggiunti hanno sancito è quello di continuare con più determinazione a costituire, insieme al Canada, un blocco economico molto competitivo, con tre economie fra le più dinamiche al mondo. Piatto più che appetitoso.

Mentre i due capi di Stato posavano sorridenti nella lussuosa sede del governo, nel cuore del Paese, un gruppo di migranti, che giornalmente a centinaia attraversano il Messico per arrivare alla frontiera con gli Usa, sono stati aggrediti brutalmente sui vagoni del treno merci su cui viaggiavano clandestinamente. Ennesima prova dell’incapacità del governo di garantire un autentico Stato di diritto. 

La successiva tappa a San José, capitale del Costa Rica, ha visto convergere i capi di Stato dei Paesi membri del Sica (Sistema d’integrazione centroamericano). Quelli del triangolo Nord – Guatemala, El Salvador e Honduras – impegnati nelle comuni sfide del narcotraffico, violenza e povertà, e quelli del Belice, Costa Rica e Panama, meno afflitti dalla violenza, ma anch’essi alla ricerca di strategie che migliorino la vita dei loro abitanti. Anche qui il presidente Obama ha assicurato la totale disponibilità del suo Paese a sostenere gli sforzi di sviluppo delle modeste economie della regione, con una popolazione di 40 milioni e un prodotto lordo di appena qualche decimo del Pil mondiale. Gli Stati Uniti hanno un particolare interesse a mantenere la leadership in questa regione prossima alle sue frontiere. Ruolo che ha sempre avuto e che in passato li ha spinti a quattro invasioni militari e a sostenere dittature colpevoli di stermini in massa, nel periodo della guerra fredda.

Durante la cena con i capi di Stato, Obama ha assicurato: «Staremo al vostro fianco, perché se vi va bene, anche a noi andrà bene», e nel successivo Foro economico alla presenza di 150 importanti imprenditori, la presidente Chinchilla ha ribadito: «Bisogna raggiungere la sicurezza attraverso un nuovo concetto (di sviluppo economico) perché sia più efficace», manifestando in questo modo un certo consenso alle strategie preventive. Nonostante il narcotraffico e la violenza minaccino la stabilità, a nessuno oggi interessa militarizzare il proprio Paese, visti i risultati quasi nulli di 10 anni di tale metodo applicato in Messico.

Il discorso di Obama si è mantenuto sul registro della "ricetta economica": «quanto più forti sono l’economia e le istituzioni, più debole sarà il narcotraffico», ha affermato in conferenza stampa con Laura Chinchilla, l’unica donna capo di Stato, che rappresenta il Paese con i migliori indici d’istruzione e imprenditorialità, che ha alle sue spalle iniziative audaci di risonanza mondiale, quale la soppressione delle forze armate negli anni Cinquanta.

Fra le opere a scala regionale, per le quali si richiede maggiore integrazione fra questi Paesi, si prospetta la costruzione di un gasdotto dagli Stati Uniti fino a Panama, insieme ad altre iniziative di energia rinnovabile che diminuiscano gli alti costi economici ed ecologici per l’eccesivo utilizzo del fossile. E non ultimo, c'è un ambizioso progetto di un nuovo canale bi-oceanico che renda ancor più scorrevole il commercio internazionale.

Grazie al suo stile colloquiale, con una conoscenza chiara dei problemi e promesse di congrui aiuti, Obama ha lasciato nell’opinione pubblica la certezza di un’amicizia finalizzata alla cooperazione per garantire migliori indici di benessere. Tutti se lo augurano.

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