La mania di comprare

La tendenza irresistibile all’acquisto è un serio disturbo. Come individuarlo.

Profilo numero uno: minimo indispensabile; profilo numero due: rischio dipendenza; profilo numero tre: malati di shopping. Tre possibili risultati di un test che circola su Internet per misurare se si è affetti o meno da una sindrome dei nostri tempi: lo shopping compulsivo.

Nel primo caso gli psicologi rassicurano: «Riesci a mantenere un notevole controllo e a non farti guidare dall’impulso a possedere qualcosa a tutti i costi. Lo shopping non fa parte del tuo repertorio personale di modi con cui esprimi e sfoghi le tensioni». Se invece «tendi a comprare senza reale necessità, influenzato dagli stati d’animo, non sei succube dell’impulso allo shopping, ma è importante che tu sia consapevole di questi cedimenti momentanei per prevenire il rischio di meccanismi di dipendenza»: allora rientri nella seconda categoria, quella che ti vede a rischio.

Attenzione, stiamo arrivando al terzo livello, quello per il quale conviene preoccuparsi e intervenire: «Lo shopping compulsivo tenta di compensare disagi come ansia, depressione, bassa autostima, comunque un vuoto interiore che le cose acquistate hanno la funzione di riempire. In questa situazione si rende necessario un percorso personale che porti a riconoscersi come soggetto, non più come oggetto, di queste pulsioni incontrollate».

 

La dicono lunga questi tre profili, anche se non si può esaurire tutto in un test con dieci domande su come ci comportiamo dentro un negozio di qualsiasi genere. Sembra che le donne siano più portate ad acquistare vestiti e prodotti di bellezza, mentre gli uomini propendano più per attrezzature sportive, automobili, computer, impianti audio video. Se però diverso è l’oggetto dell’acquisto, uguale è la spinta interiore che lo determina. Ed è questa spinta, con gli effetti che ne conseguono, a preoccupare, anche perché il numero delle persone affette da shopaholic (come viene anche definito lo shopping compulsivo) è in aumento, tanto che questo disturbo comportamentale verrà inserito nella prossima edizione del Diagnostic and statistic manual of mental disorders, una sorta di bibbia dei disturbi mentali.

 

Una malattia figlia del nostro tempo deriva da un diffuso atteggiamento consumistico – sostengono in tanti – dove il superfluo diventa necessario, si creano falsi bisogni, si stimola l’idea che più si possiede più si è felici. E questa diffusa tendenza, se favorisce la patologia dello shopping compulsivo, allo stesso tempo la maschera proprio perché i confini fra il normale e il patologico finiscono per essere abbastanza sfumati.

Come riconoscerla, allora, prima che il disagio abbia pesanti ricadute sulla vita personale e familiare, se non addirittura disastrose conseguenze economiche? Ci sono alcuni sintomi, come spiega il professor Maurizio Brasini, psicoterapeuta e docente di psicoterapia all’università de L’Aquila: «Gli oggetti acquistati sono spesso inutili e non indispensabili, a volte non corrispondono neanche ai gusti dell’acquirente. E ancora, si verifica spesso una ripetitività dell’acquisto di un certo tipo di prodotti. L’acquisto, poi, causa stress perché non è mai abbastanza, ruba tempo e denaro. Il mancato acquisto, invece, causa tristezza e depressione». E non mancano vere e proprie crisi di astinenza.

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