La Fura dels Baus a Napoli

La compagnia catalana ha attirato molti spettatori per la sua performance italiana, ma non ha saputo essere all'altezza delle attese: la multidisciplinarietà che mescolava recitazione, musica, circo, danza, cinema, pubblicità e che era stata un distintivo di innovazione, ora si è appiattita sul successo
Fura dels Baus

Afrodita y el juicio de Paris”, è stato lo spettacolo evento del Napoli Teatro Festival Italia, appena concluso, che ha visto in una sola serata più di tremila persone riempiere il grande spazio all’aperto della Mostra d’Oltremare. Il nome della compagnia, La Fura dels Baus, è un sicuro richiamo anche per chi non ha mai visto nulla dei loro spettacoli. E, considerando che sbarcavano a Napoli per la prima volta, si sono mobilitate le folle. Ma,vien da dire, assistendo al mega spettacolo, molto rumore per nulla. Perché, va detto, la celebre compagnia catalana, un tempo veramente geniale, artefice di un teatro totale che lavora amalgamando recitazione, musica, circo, danza, cinema, pubblicità, non ha più quella novità creativa che ne aveva fatto uno dei gruppi più innovativi e sperimentali, nonché trasgressivi, della scena internazionale.

Forte del nome e del successo conquistato negli anni, richiesta ovunque, anche nei teatri d’Opera, chiamata per avvenimenti eccezionali – come la cerimonia d’apertura dei Giochi Olimpici di Barcellona – o da famosi brand come Pepsi, Mercedes Benz, Peugeot e Volkswagen che le hanno commissionano le loro campagne promozionali, la Fura si è via via sempre più “commercializzata”, a scapito della qualità e della ricerca costante.

La performance all’aperto ha visto imbastire un apparato scenografico di grande impatto per raccontare una storia di divinità, potere e bellezza. La trama, ricordiamolo, era quella mitologica del “pomo della discordia”: Eris, dea della discordia è l’unica a non essere stata invitata al matrimonio tra Teti e Peleo. Per vendicarsi, si presenta alla festa scagliando sul tavolo del banchetto una mela d’oro con incisa la frase “Alla più bella”. Questo gesto scatena una furiosa lite tra Era, Afrodite e Atena. Zeus nomina come giudice Paride. Pur di ingraziarsene il giudizio, le tre dee promettono svariate ricompense: Atena ottiene la vittoria in guerra, Era la sovranità sull’Asia, Afrodite l’amore di Elena, la donna più bella della terra. Paride sceglie di amare Elena e di donare la mela ad Afrodite.

Di tutto questo c’era solo l’assunto, e neanche molto chiaro pur nella parziale introduzione testuale proiettata. Il risultato scenico era un grande baraccone da circo all’aperto di grandi proporzioni dove tra le proiezioni video si muovevano delle danzatrici che sembravano più delle dilettanti, che delle professioniste mescolate tra pupazzi giganti manovrati come marionette da trattori disseminati in mezzo al pubblico. Poi ruote di fuoco e varie combinazioni di acrobati su una parete, o issati in alto da gru o danzanti nell’aria: questi ultimi sì di effetto.

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