La dolce arte di esistere

Il regista Primo Reggiani racconta una storia da non perdere per chi voglia ancora trovare cinema di sottile introspezione giovanile. Interessanti anche "Il padre" di Fatih Akin e "Humandroid" di Neill Blomkamp
Film La dolce arte di esistere

La dolce arte di esistere
Primo Reggiani, già autore dell’intenso “L’estate di Pietro”, si è dedicato per alcuni anni alla preparazione di questo film molto suggestivo. Racconta infatti di Roberta e Massimo, persone che diventano “invisibili” sia se non hanno attenzione su di loro sia se ce n’è troppa.
Metafora evidente della gioventù contemporanea, timida e ipersensibile, il film si dipana senza lunghezze a intrecciare le due storie, che sono in definitiva ricerca e bisogno di amore.
Delicato, riflessivo, con Francesca Golia e Pierpaolo Spollon molto bravi, un flash interessante di Anita Kravos, il film è da non perdere per chi voglia ancora trovare cinema di sottile introspezione giovanile, ben diversa certo dalle atmosfere del “Ragazzo invisibile” di Salvatores.

 

Il padre
Sette anni di preparazione, l’ostilità dei media turchi, non hanno fatto desistere il regista turco-tedesco Fatih Akin (già autore della “Sposa turca” e di “Ai confini del paradiso”) dall’epico racconto della strage degli Armeni, perpetuata dal governo di Ankara cent’anni fa.

Nazareth è un giovane  fabbro, padre di due bambine. Una notte la polizia irrompe nel villaggio e porta via tutti gli uomini. Per il giovane inizia una odissea durissima, dove incontra genocidi, orrori, ma non si lascia vincere dal dolore e va in cerca delle figlie, attraverso un viaggio che lo porta alla fine negli Usa.

Ricco di pathos e di mélo, il film è una storia di sofferenza e di speranza, avvalorata da una fotografia paesaggistica molto poetica e dall’interpretazione drammatica di Tahar Rahim. Anche se la durata forse è eccessiva, il lavoro merita di esser visto sia perché costringe lo spettatore alla riflessione su uno dei tanti orrori del nostro tempo e sia per il sentimento di corale struggimento che lo percorre, facendo di quest’epos un affresco di amore alla vita, nonostante tutto.

 

Humandroid
Sempre più il cinema americano si dedica alla creature robotiche ed anche questa volta il regista Neill Blomkamp racconta la storia di Chappie, bambino prodigio che cerca la sua strada nella vita. Ma è un robot e le sfide non mancheranno, anche perché possiede emotività e intelligenza umana. Infatti, è stato “creato” dall’uomo che – e questo appare chiaramente il senso sotteso al film – si sostituisce a Dio o meglio diventa come lui. Capzioso e intrigante, il racconto conosce svolte drammatiche e, nonostante un certo tono fantastico e distruttivo tipico del genere nei confronti dei robot con l’anima, il film è interessante, anche per il finale a sorpresa.

 

Escono ancora: Se Dio vuole, commedia di Edoardo Falcone con Marco Giallini e Alessandro Gassman, il primo primario ateo, con un figlio che vuol farsi prete, il secondo prete moderno molto romano, divertente in superficie; e, a proposito di commedie, ancora Uno, anzi due di Francesco Pavolini, Ci devo pensare di e con Francesco Albanese. Interessante L’amore proibito di Stefano Consiglio, storia di una donna sessantenne che s’innamora di un trentenne tunisino. Un film per nulla scontato.

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