La difficile via verso le elezioni

Tornano gli scontri in piazza Tahrir, mentre si avvicina l'appuntamento con le urne del 28 novembre. Dal nostro corrispondente
tahrir

Il fatto che ora la situazione, pur rimanendo critica, non sia fortunatamente paragonabile agli scontri sanguinosi di questo fine settimana, non consente certo di dire che in Egitto le violenze sono finite: piazza Tahrir rimane in ebollizione, e il percorso verso l’appuntamento elettorale del prossimo 28 novembre si preannuncia particolarmente difficile. «Gli scontri dei giorni scorsi – ci riferisce infatti il nostro corrispondente dal Cairo – sono legati al fatto che i militari non vogliono mollare le redini del Paese, e cercano di spostare il più possibile la data delle elezioni. C’è stata una grossa manifestazione venerdì, animata soprattutto dalle correnti di ispirazione islamica, per dire di no alle manovre del Consiglio supremo delle forze armate: ritengono che non voglia far passare il governo ai civili e inserire nella Costituzione alcuni emendamenti, come l’immunità, che favoriscono i militari. Ciò suscita la rabbia della gente, che scende in piazza». Proteste che, come si è visto, troppo spesso degenerano nella violenza: i dati ufficiali del ministero della Sanità egiziano parlano di venti morti e 425 feriti negli scontri tra manifestanti e polizia, ma i numeri si rincorrono, tanto che alcuni si spingono a stimarne tre volte tanti.

 

Ma non è solo la capitale ad essere in fermento: «Anche a Alessandria, Suez e Assuan – prosegue il nostro corrispondente – ci sono state manifestazioni violente. A tutto vantaggio dei militari, che così possono giustificare il fatto che continuino a governare». E per i prossimi giorni, purtroppo, le prospettive non sono rosee: «Le elezioni saranno sicuramente accompagnate da tanta violenza. Nelle scuole hanno anticipato gli esami, sapendo che probabilmente dovranno chiuderle per un certo periodo».

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