La Basilicata che non ti aspetti

Il sapore della tradizione nelle parole di Angelo: un novantenne lucano che intreccia cestini di vimini con la passione e la pazienza degli uomini di una volta
Angelo

La Basilicata: terra dai mille volti e dai mille sapori, l’unica in Italia a mantenere la doppia denominazione insieme alla parola Lucania, conserva ancora oggi consuetudini che ne esaltano le peculiarità ed unicità. La Basilicata: anche terra dove le tradizioni e le innovazioni si fondono, come dimostrato dal permanere di mestieri antichi che si affiancano a quelli attuali, magari permeati dalle tecnologie. Come quello di Angelo Vito De Carlo, classe 1922, lucano doc, che intreccia ancora vimini per ricavarne cestini, così come faceva suo padre. Occhi vispi, dietro alle sue lenti rettangolari, coppola ben calata sulla fronte e mani da lavoratore. Ci ha fornito, con la genuinità connaturata agli uomini di una volta, uno spaccato della propria vita e della propria “arte”.

Da quanto tempo si dedica a questa attività?
«Ho imparato a fare i cesti verso i trenta, quarant’anni, quando andavo a pascolare le mucche, le capre e i cavalli al fiume. Lì crescevano i vimini ed io, per passare il tempo, li intrecciavo, seguendo le orme di mio padre. Quando c’era la neve, intrecciavo anche scope di melica. Si pianta con il mais e a settembre è pronta per l’utilizzo. Dal 2004 ho imparato a fare fiori ed altre creazioni di vimini. Per mancanza di materiali adatti alla realizzazione di cesti, ho adoperato quelli naturali e semplici. È accaduto quando ho perso la mia casa a causa di una frana e mi sono trasferito ad Avigliano dalla contrada Bosco Piccolo».

Cosa ha fatto nascere in lei questa passione?
«Non direi passione, perché tutto è nato dalla necessità di conservare patate, uova e prodotti della terra. Oggi abbiamo la plastica, ma prima non esisteva e bisognava adoperarsi in qualche modo».

Cosa consiglia ai giovani che vogliono cimentarsi in questa “arte”?
«Prima i cesti servivano come contenitori, oggi sono soltanto un abbellimento, ma rappresentano pur sempre un’arte da tramandare. Non è difficile, però ci vogliono costanza ed impegno. Il materiale lo si reperisce facilmente presso i fiumi».

Come immagina il futuro di mestieri come il suo?
«È un mestiere che col tempo ha perso di utilità. Oggi si impara soprattutto per diletto. A me si sono rivolte quattro persone, ma nessuno è stato costante ed ha appreso le tecniche, perché è un lavoro che richiede molta manualità e pazienza».

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