Italia e Corea protagoniste delle sale

Escono questo weekend Nauta di Pappadà, un film innamorato della natura e The Housemaid di Im San-soo, una drammatica storia d’amore
Una scena del film Nauta

Anche questo week-end ci sono diverse uscite. Ne scegliamo alcune.

 

Nauta è opera prima di Guido Pappadà, regista televisivo dagli anni ’80. Una storia marina, un viaggio alla scoperta dell’armonia. Il gruppo che si trova a viaggiare verso un’isola dove si promette l’incontro con una dimensione panica, naturalistica dell’armonia, comprende sei personaggi in cerca di serenità. Bruno, un antropologo cinquantenne, Paolo un vecchio amico che vive su di un’isola deserta, David, burbero capitano di un battello, Lorenzo sommozzatore avventuroso in ogni senso, Max, nuovo marinaio,e Laura giovane biologa.

Protagonista in verità è il mare, il battello che ci vive, la fotografia molto bella di una natura diurna o notturna incontaminata ed infinita di cui esso, il mare, è lo specchio vivo. La vita in comune porta i sei a scoprirsi e a scoprire le reciproche pene. Ma il film non è né didascalico né psicologico, perché la linea è semplice come il mare. Ci si incontra e scontra e si arriva poi a scoprire che la vita è importante viverla davvero, non sognarla evitando il dolore. Un film dignitoso, ben recitato, innamorato della natura.

 

The Housemaid, girato dal coreano Im San-soo, uno dei maggior registi del suo paese, è un film molto atteso. Remake di un lungometraggio coreano del 1960 strizza l’occhio al melodramma occidentale, con una fotografia lussuosa di ambienti e di corpi, una sensualità gelida, scene che sembrano quadri d’autore. La storia del ricco signore che s’innamora e sfrutta la cameriera è una simbolica lotta di classe già vista nel cinema occidentale.  

Ma qui siamo in Corea. Il clima è algido, il tono prezioso ma rarefatto nei sentimenti, lasciati più agli sguardi e ai movimenti che alle parole. Teatrale e a volte cupo, rimane un lavoro di alta professionalità, particolare nella freddezza emotiva che ottiene alla fine ciò che il cinema orientale sa dare: l’esaltazione del fuoco drammatico, raggelandolo entro una cornice di fasto ed un’inevitabile fatalità.

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