La pressione arteriosa è una misura della forza con cui il sangue scorre nel nostro corpo. Insieme con la frequenza cardiaca (i battiti del nostro cuore per minuto), è il principale parametro di valutazione del nostro sistema cardiovascolare. Le malattie cardiovascolari sono oggi la principale causa di ricovero e di decesso nelle nostre società occidentali e variazioni anche minime di pressione, di 1-2 mmHg in media, sono oggi considerate sufficienti a determinare frequenze diverse di malattia. È d’obbligo quindi prestare particolare attenzione alla sua precisa misura a tutte le età (ed è quanto in genere viene fatto ogni giorno in molte visite mediche e nel giro visita nei reparti ospedalieri). La pressione arteriosa presenta delle alterazioni sia con un aumento sopra i limiti di normalità, definita pertanto ipertensione, che verso una diminuzione ossia ipotensione (quest’ultima diventa molto importante a tutte le età e può anche essere una conseguenza di una terapia eccessiva del controllo pressorio). Focalizzandoci in particolare in questo articolo sull’ipertensione essa viene definita tale nel giovane adulto quando vi è un aumento protratto, a riposo, della pressione arteriosa sistolica o massima (≥ 140 mmHg), della pressione arteriosa diastolica o minima (≥ 90 mmHg) o di entrambe.
I valori ottimali di pressione nell’adulto corrispondono però a limiti più bassi e cioè a 120 mmHg per la massima e 80 mmHg per la minima. Tra i 120-140 mmHg di massima e gli 80-90 mmHg di minima i valori vengono definiti normali-alti, e vanno comunque tenuti sotto controllo, perché anche se non tali da essere trattati in genere con farmaci, studi scientifici a lungo termine (20 o più anni) hanno dimostrato un amento delle patologie e della mortalità anche per valori stabilmente in tale intervallo inferiore. Sono spesso a tale livello da considerare altri approcci, magari basati su stili di vita più idonei: attenzione al peso, all’alimentazione, all’attività fisica, ecc.
Va però subito precisato che non basta una o poche misure per definire un paziente iperteso ma, tranne casi eccezionali, vanno considerati i valori medi di più registrazioni, in almeno tre settimane consecutive. Non esiste un orario ottimale nella misura, ma è bene registrare la pressione arteriosa nei diversi orari della giornata, in stagioni e giornate diverse considerando anche i giorni feriali o di lavoro, quelli festivi o di riposo. È bene conservare nel tempo una tabellina con data, ora di misurazione della pressione massima e minima, a cui va sempre associata la frequenza cardiaca. In una colonna a parte va anche segnato se vi erano sintomi (cefalea, vertigini, stanchezza, ecc.) o evenienze particolari (stress, malattie, farmaci usati, ecc.) che possono giustificare variazioni dalla normalità di vita che si pensa possano aver influito sulla pressione.
Nella misurazione vanno poi considerati piccoli accorgimenti per non falsare in maniera importante i valori, in genere al rialzo: se già addestrati va scelto preferibilmente un misuratore adeguato a colonna con stetoscopio; se ci si serve di un misuratore automatico vanno acquistati solo misuratori a bracciale (mai a polsiera) che riportino la dicitura “clinicamente validati” sulla confezione (significa che hanno superato dei test di qualità minimi a livello internazionale). La misurazione di riferimento base è quella da seduti su una sedia (meglio che su poltrona), con la schiena diritta appoggiata allo schienale, con il braccio appoggiato su un tavolo ed il bracciale posto all’altezza del cuore, senza accavallare o incrociare le gambe, dopo almeno 5 minuti di relax, rimuovendo indumenti troppo stretti al braccio, dopo aver svuotato la vescica e in genere lontano dai pasti principali. È bene non aver assunto caffè o altri eccitanti e non aver fumato nell’ora precedente alla misura, senza provenire da sforzi fisici importanti o rilevanti stress emotivi.
Solo se si sono seguite queste indicazioni si possono considerare adeguati i valori pressori, altrimenti è meglio non auto misurarsi la pressione per evitare inutili allarmismi e/o ancor peggio l’uso di terapie non dovute. È bene ricordare che la pressione elevata se inferiore ai 180 mmHg di sistolica e i 110 mmHg di diastolica, soprattutto se occasionale e non correlata a sintomi, non è una emergenza medica in quanto produce danni solo nell’arco in genere di anni o decenni. Va comunque prontamente segnalata e discussa con il medico di fiducia ogni alterazione sopra i valori di normalità sopra riportati. Nell’anziano ultra-ottantenne senza patologie di rilievo le più recenti linee guida internazionali pongono valori di limite per il trattamento solo se la sistolica è superiore ai 160 mmHg in quanto gli studi effettuati dimostrano che il beneficio del trattamento antipertensivo e stato ottenuto solo per questi valori più elevati. Se viceversa il paziente è invece diabetico, o con già documentate malattie cardiovascolari in atto (pregressi infarti, ischemie, TIA, ictus, ecc.) e/o con patologie renali di rilievo la terapia anti-ipertensiva va iniziata già con valori superiori ai 130 di sistolica o 85 mmHg di diastolica.
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