Inondazioni, vittime e santuari danneggiati

Piogge torrenziali e devastazioni in alcune zone del Nord dell’India nella “tragedia del millennio”. Colpite molte località meta di pellegrinaggi religiosi. I danni al tempio di Kedarnath. Le iniziative di aiuto.
Tempio di Kedarnath devastato

In questi giorni non sono mancati nel corso dei vari notiziari immagini delle devastazioni portate dalle piogge torrenziali che hanno colpito l’India con l’arrivo dei monsoni. Sebbene i rovesci siano stati un po’ dappertutto (a Mumbai per esempio è crollato un palazzo seppellendo alcune persone in un quartiere musulmano della metropoli), è soprattutto la regione del Nord, in particolare quella pre-Himalayana ad aver sofferto i danni più gravi e a contare, fino ad ora, circa duecento vittime.

Gli Stati colpiti – Himachal Pradesh, Uttarakhand e Uttar Pradesh – coprono una vasta superficie del gigante asiatico con una popolazioni numerosa, che spesso vive in villaggi adagiati su pendii e difficile da raggiungere. Lo Stato dell’Uttarkhand, a nord e ad est della capitale Delhi, si estende su tutta la parte della zona pre-himalayana e himalayana, dove, fra l’altro, si trovano alcune delle località più importanti per i seguaci delle diverse religioni del sanatana dharma, comunemente note come induismo. È in queste regioni che scorrono fiumi sacri, come il Ganga, non lontano si trova la città santa di Varanasi (Benares), attraversata proprio dal fiume sacro per eccellenza, oggi particolarmente minaccioso per la piena causata dalle piogge incessanti degli ultimi giorni.

Sugli avamposti dell’Himalaya si trovano, poi, Haridwar, Kedarnath e Badrinath, città sante sia per la presenza di templi importanti che per i molti sadhu (i santoni indù) che vivono in eremitaggio in mezzo alla natura selvaggia di queste valli. Quassù, in maggio e giugno, mesi di vacanza in India, ma anche particolarmente forieri di buoni auspici, salgono migliaia di pellegrini per bagni purificatori, offerte e semplici tirtha, i pellegrinaggi che fanno parte della religiosità del sub-continente indiano. Circa duecento le vittime fra loro – secondo quando dichiarato dalle autorità – ma con la possibilità che possano salire  in modo tragico per i tanti gruppi che si trovavano nella zona. Basta pensare che circa novemila persone sono rimaste isolate in queste zone impervie, tagliate fuori da tutte le vie di comunicazioni distrutte da frane e smottamenti giganteschi.

Il tempio di Kedarnath che si trova a 3584 metri di altezza, nei pressi del ghiacciaio Chirabari, è quello che più attrae folle di pellegrini in questa parte dell’anno. Dedicato a Shiva è ora completamente coperto di fango, anche se la parte più sacra è intatta. Ci vorrà almeno un anno di lavoro per renderlo nuovamente raggiungibile ed agibile. «Un centro di fede si è trasformato in un cimitero. Ci sono corpi sparsi in tutta la zona. Solo il luogo più sacro, il sacra sanctorum è rimasto intatto», ha affermato uno dei portavoci del governo locale, accorso sui luoghi della tragedia.

In tutto lo Stato dell’Uttarkhand sono circa cinquantamila le persone isolate secondo i calcoli approssimativi delle autorità. A causa del dislivello del terreno e della forza delle precipitazioni alcune zone sono state colpite da alluvioni improvvise che non hanno lasciato scampo a chi si trovava nelle vicinanze. Le acque possono raggiungere una forza inaudita e trascinare con sé tutto quanto trovano sulla strada. Tutti noi abbiamo davanti agli occhi le immagini, rimbalzate su tutti i notiziari sia televisivi che online, della casa trascinata via dalle acque in questi giorni.

Anche l’agricoltura della zona ha sofferto quello che il ministro Harak Singh Rawat non ha temuto di definire la tragedia del millennio. Ci vorranno anni perché le terre di queste colline possano nuovamente cominciare a produrre qualche cosa. Varie organizzazioni si sono attivate per soccorrere sia i pellegrini che le popolazioni colpite: particolarmente attiva la Conferenza episcopale indiana (Cbci), che attraverso la Caritas ha messo in moto diverse azioni di assistenza. Il segretario generale del Cbci, mons. Albert D’Souza, arcivescovo di Agra nello Stato dell’Uttar Pradesh, ha dichiarato a nome degli altri vescovi e dei cattolici indiani che «è doloroso sapere che migliaia di pellegrini e locali sono bloccati e che i tanti santuari e luoghi sacri di Kedarnath sono stati danneggiati in modo grave. Oltre a esprimere le nostre condoglianze per la morte delle tante vittime, la Conferenza episcopale desidera esprimere la propria simpatia e solidarietà alle migliaia di pellegrini intrappolati, e a tutte quelle persone che hanno perso la propria casa».

Anche Sonia Gandhi, leader del partito del Congresso, ha inviato i politici del suo gruppo a donare un mese del loro salario per le vittime delle inondazioni e per le loro famiglie.

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