Incanta il Peter Pan di Bob Wilson

Successo al Festival di Spoleto per lo spettacolo del regista texano, un favoloso e onirico viaggio verso “l’Isola che non c’è”
Peter Pan al Festival di Spoleto

Lo spettacolo più importante nel cartellone del Festival di Spoleto è stato senza dubbio il Peter Pan di Bob Wilson. L’arte del regista texano, capace come pochi, di coniugare magistralmente il teatro e l’architettura, la tecnica e l’artigianato, la musica e la poesia, e quant’altro, trova in questo spettacolo una sintesi magistrale. Un mondo fantastico, fiabesco, simbolico e ricco d’invenzioni che ci fa respirare la gioia di un artista ancora al suo massimo nel liberarsi in un linguaggio di immagini che potrebbe sembrare ripetitivo e già visto – ed in alcuni casi lo è – ma che continua a farci percepire lo spazio della scena come campo di rivelazione e sorpresa.

Wilson persiste nel compattare insieme frammenti eterogenei di stimoli, suoni, visioni, senza perdere mai la coerenza figurativa, astratta, geometrica, e quasi maniacale, della rappresentazione. I suoni, le canzoni e le musiche originali create dal duo americano CocoRosie fanno da padroni in questo originale musical portato in scena, ancora una volta, con i formidabili attori e cantanti del Berliner Ensemble. A sipario aperto appare subito la protagonista della favola: l’ombra perduta dell’eterno fanciullo raccontato dallo scrittore scozzese James Matthew Barrie. Quindi, già nel prologo, tutti insieme in sfilata i protagonisti della storia.

Si vola in un universo rocambolesco che inizia nella stanza dei bambini dove nei letti al posto dei cuscini ci sono tre teste di agnellini. Dall’enorme finestra quel mondo viene via via popolato dei Fanciulli Sperduti, di pirati, indiani, sirene, coccodrilli. Scorrono nuvoloni, strisciano sirene dalle lunghe code squamose, Spugna e Capitan Uncino, un divertentissimo Campanellino en travesti; e Trilly, la vera protagonista della favola e anche dello spettacolo, la mediatrice, la piccola, buffa e preziosa amica di Peter, la parte di noi che malgrado adori il nostro lato bambino, capisce quanto sia importante crescere.

Il celebre regista d’avanguardia, abile nello scolpire volti e definire luoghi attraverso un’architettura meticolosa di luci e ombre, attinge, come sempre, all’estetica espressionista tedesca per raccontare, anche con spunti psicoanalitici, il favoloso e onirico viaggio verso “l’Isola che non c’è”.

Al Teatro Nuovo di Spoleto per il “Festival dei due mondi”.

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