Inarrestabile corsa verso la guerra mondiale

Presa di posizione di Pax Christi sulla necessità di togliere di mezzo ogni complicità nel commercio di armi e nel finanziamento del Daesh prima di buttare altra benzina sul fuoco del conflitto in Siria
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«Nel contesto della comunicazione globale– ha detto papa Francesco a Sarajevo nel giugno scorso–, si percepisce un clima di guerra. C’è chi questo clima vuole crearlo e fomentarlo deliberatamente, in particolare coloro che cercano lo scontro tra diverse culture e civiltà, e anche coloro che speculano sulle guerre per vendere armi». Partendo da questa citazione il movimento cattolico Pax Christi Italia ha emesso un comunicato di forte opposizione «alla generale chiamata alle armi promossa in tutta Europa da organi di stampa, governi e forze politiche che pensano di bloccare le guerre del terrorismo col terrorismo di guerre che, come si è visto (e come è stato riconosciuto anche dai loro promotori), hanno alimentato nuove violenze e nuove guerre».

 

A cento anni dal primo devastante conflitto mondiale del 1914-18, Pax Christi parla «di una guerra mondiale che sembra inarrestabile e che è diventata parte integrante dell'economia e della politica», dopo la decisione di Germania e Inghilterra di sostenere l’azione di bombardamento in Siria assieme a tutte le altre nazioni (Usa, Russia, Francia, Turchia, ecc.) che stanno riversando il proprio carico di bombe su quel martoriato territorio preda di un cosiddetto Stato islamico dagli incerti e mutevoli confini.

 

Secondo Pax Christi, «non si spegne il fuoco gettandovi benzina in continuazione». Ma si può restare con le mani in mano mentre si consumano immani disastri e omicidi? Quale è la proposta di un movimento impegnato per la pace? 

Primo passo da compiere è quello di smettere «di armare le guerre con gli “affari insensati” delle armi. Diamo inizio a un embargo planetario o a una moratoria internazionale che imponga il divieto assoluto di vendere armi». Altro decisivo obiettivo è quello scardinare «l'architettura finanziaria del califfato e dei suoi alleati. Blocchiamo il commercio clandestino di petrolio (che frutta all'Isis 1 milione e mezzo di dollari al giorno). Fermiamo le elargizioni di denaro e i flussi di armi e denaro».

 

In tale visione e strategia secondo Pax Christi è decisivo ridare «all'Onu un ruolo centrale nel processo di pace in Siria e Iraq e affidiamo al Tribunale penale internazionale la valutazione e il giudizio dei crimini contro l'umanità».  E poi, più in generale, è necessario costruire «una politica euro-mediterranea di vera cooperazione e di sicurezza comune» assieme allo sviluppo «di un dialogo interreligioso senza diplomazie generiche ma con buone pratiche sociali e momenti di festa, curando una spiritualità dell'incontro che faccia emergere la sostanza disarmata e disarmante della propria fede».

 

Quella che stiamo vivendo, conclude il documento, «non è una guerra dell'Islam contro l'Occidente». I numeri dicono che «il 90% delle vittime del terrorismo islamista si verifica in Iraq, Siria, Pakistan, Afghanistan, Nigeria, Somalia, Tunisia, Mali, Libia, Libano, Egitto, nel Centro e nel Nord d'Africa dove l'Europa manda armi e dove l'Italia coi suoi traffici sta violando la legge 185/90». Il nostro Paese, infatti, precisa il movimento coordinato da don Renato Sacco, «vende e permette la vendita di armi, ad esempio, all'Arabia Saudita (che sta bombardando lo Yemen e che ospita finanziatori del sedicente stato islamico), al Qatar, alle monarchie del Golfo, al Kuwait, alla Siria, all'Iraq, alla Turchia, all'Algeria, all'Egitto, al Marocco, alla Libia…ed è alleata di regimi vicini ai terroristi».

 

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