In salita controvento

Al Giro d’Italia arrivano le grandi salite e la corsa s’infiamma. Domenica prossima a Milano il gran finale
rabottini

Al Giro d’Italia arrivano le grandi salite e la corsa s’infiamma. Domenica prossima a Milano il gran finale.
 
Quindici tappe all’attivo, sei al termine. Manca ancora una settimana di corse per raggiungere il traguardo finale del 95° Giro d’Italia. Chi vincerà? Ancora non è dato saperlo, anche perché i giochi sono tutt’altro che chiusi e giorno dopo giorno questa imprevedibilità conquista.
 
Il Giro colora le domeniche, anche quelle più grigie, mette fianco a fianco padri e figli, amici e conoscenti, baristi e clienti. Il minimo comune denominatore è la corsa. Il Giro va avanti nonostante tutto, nonostante l’Italia si senta un po’ più sola, ferita dalla terra che ha tremato per due volte a distanza di poche ore: a Brindisi e a Finale Emilia, anche se per due motivi diversi.
 
Nel 1948, le imprese ciclistiche di Gino Bartali risollevarono le sorti dell’Italia sull’orlo della guerra civile dopo l’attentato a Togliatti. Il Giro non si ferma, ma la morte non si dimentica e così, allora come oggi, finisce che di mezzo c’è sempre una bicicletta.
 
Il colonnello Pozzovivo – Altezza un metro e sessantacinque per cinquantatre chili. Domenico Pozzovivo, 29 anni, lucano di Policoro, sembra una pulce e in effetti qualche grattacapo, sportivamente parlando, l’ha creato sulla prima vera salita del Giro verso lago Laceno, in provincia di Avellino. L’ottava tappa porta la sua firma.
Faccia pulita e lineamenti da eterno ragazzino, “Pozzo” è un corridore anomalo: è laureato in economia e commercio, da anni suona il pianoforte ed è appassionato di meteorologia. Correnti, temperature, alta e bassa pressione, sono i sinonimi della sua seconda passione. È alla ricerca di una fidanzata con la quale condividere la sua vita, ma per ora “il colonnello” pensa a fare una cosa alla volta. I grandi traguardi si conquistano giorno dopo giorno e “Pozzo” di grandi vittorie se ne intende.
 
Ferrari a due ruote – Roberto Ferrari, 29 anni da Salò, è il velocista dell’Androni Venezuela Sidermec. Se fosse un pittore dipingerebbe quadri “naif”. Capello folto, barba incolta, l’occhio scaltro di chi sa vedere oltre. Il suo stile è estroso, originale, unico, esula dal rigore d’accademia: ciclismo che vuole il corridore inquadrato dentro al viso rasato a puntino e ad un casco che deve raccogliere la chioma di capelli. Sul traguardo di Montecatini Terme, sede d’arrivo dell’undicesima tappa, Ferrari per non ingannare il suo cognome, i suoi colleghi velocisti li ha sorpassati tutti in grande stile, complice anche una caduta a quattrocento metri dall’arrivo che ha rimescolato le carte della volata. A bocca asciutta il campione del mondo Mark Cavendish, che al microfono di Alessandra De Stefano, durante il “Processo alla Tappa”, ha voluto omaggiare Ferrari porgendo i complimenti, ma precisando che dopo i fatti di Horsens (Ferrari ha tagliato la strada a Cavendish inavvertitamente durante la volata), avrebbe dovuto essere estromesso dalla corsa. Onore e polemica per i due rivali nemici-amici. Per ora l’armistizio è stato firmato in attesa della prossima volata.
 
“Rambo” Rabottini
(nella foto) – Nome: Matteo, cognome: Rabottini, segni particolari: tanta grinta. Potrebbe essere questo l’identikit di Rabottini Matteo, 25 anni abruzzese, corridore della formazione Farnese Vini Selle Italia che ieri ha conquistato la quindicesima tappa del Giro, da Busto Arsizio a Pian dei Resinelli di 169km. Un corridore tutto da scoprire Matteo, che dopo la vittoria al campionato italiano under 23 nel 2009 e il successivo passaggio al professionismo, era alla ricerca di una personale definizione. Ieri, Rabottini ha ritrovato sé stesso scalando in solitaria quattro salite: Valico di Valcava, Forcella di Bura, Culmine di San Pietro e Pian dei Resinelli, staccando tutti quando all’arrivo mancavano 90 km. Nemmeno una caduta a diciassette chilometri dall’arrivo è riuscita a vanificare sogni e belle speranze. Matteo si è rialzato, ha inforcato la bicicletta e ha ricominciato a correre. In quella caduta c’era un italiano, ma forse anche tutta l’Italia e Matteo dietro alla sua impresa un messaggio l’ha lanciato: rialzarsi sempre! Per non dimenticare. Ecco che di mezzo c’è sempre una bicicletta.

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