In dialogo con i carcerati

Cosa si può fare nel reparto educazione di un carcere?
Claudiano Silva

Sono nato a Sorocabo, nello Stato di San Paolo in Brasile, ho 41 anni. Quando ho partecipato al concorso per lavorare nell’amministrazione penitenziaria, non avevo idea dell’ambiente di lavoro che avrei trovato, ma presto ho scoperto la mia missione.

Alla fine del 1997, dopo una grande rivolta, rimasi con 17 operatori in ostaggio, con 400 visitatori costretti a non uscire dal carcere, con 2 morti, tentativi di fuga e danni ai locali.

Nel 1998, per meriti sul lavoro, sono stato inviato ad essere Direttore del Nucleo di Educazione del carcere. Restai in quella funzione per 7 anni, poi trasferito nel Reparto Educazione dove sono ancora oggi.

Qui l’insegnamento è regolare: alfabetizzazione, corsi professionali, esami di diploma e attività culturali. Oltre l’insegnamento, attraverso il dialogo, cerchiamo di trasmettere il valore della reintegrazione sociale, seguendo la persona durante e dopo la fine della pena, dando sostegno materiale, ludico, educativo, sociale, sanitario e religioso.

Contribuiamo così al miglioramento del rieducando, in modo che lo stesso si accorga che è possibile ricominciare, avere una vita nuova.

Continuo ad avere rapporti con molte persone che sono passate per il carcere e oggi sono inserite nella famiglia e nella società come buoni cittadini… Sono testimoni vivi dell’azione concreta del dialogo improntato al rispetto e alla stima per ogni persona.

Giustamente come dice un grande amico e collega: “La vera prigione molte volte è dentro ciascuno di noi.”


(Testimonianza raccolta nel Convegno “Umanesimo dialogo fraternita: eredità di Chiara Lubich” Castelgandolfo (Roma) 1-3 aprile 2011)

(dal blog di Pasquale Lubrano)


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