Immigrati del Cara, la gratitudine oltre la disperazione

Da Lampedusa, dopo una difficile traversata del Mediterraneo, un giovane eritreo è giunto a Palese, uno dei centri di accoglienza del barese. Ha scritto una lettera di ringraziamento a nome del suo popolo per tutti gli italiani

Al centro di accoglienza dei richiedenti asilo (C.A.R.A.) di Palese, nei pressi di Bari, le condizioni di vita migliorano rispetto al passato. Il numero degli ospiti provenienti da Bangladesh, Libia, Ghana e Costa D’Avorio, e da qualche mese anche dall’Eritrea, resta superiore rispetto alla disponibilità dei posti: ad oggi ci sono 1400 richiedenti asilo a fronte di 700-800 posti disponibili. Tuttavia, le condizioni igieniche sono state adeguate alle necessità, così come la distribuzione di viveri e di vestiario indispensabili per il sostentamento dei rifugiati. A questi si è aggiunta la scuola di lingua italiana e il corso di sartoria per le donne tenuto a Japigia, un quartiere della periferia urbana di Bari, ad opera di una volontaria dei Focolari che ha messo a disposizione delle donne le sue competenze professionali.

Pochi giorni fa, durante una messa per la commemorazione dei 360 morti nel mare di Lampedusa, un eritreo del centro, arrivato come tanti altri dall'isola, ha chiesto a una mediatrice culturale di tradurre una lettera ad alta voce al cospetto di tutti i presenti, a nome dei suoi connazionali. Al momento della preghiera erano presenti tutte le nazionalità dei rifugiati, di diverse religioni, tra cui anche musulmani e cristiani. La lettera fa riferimento alla giornata di lutto nazionale indetta il 4 ottobre 2013 in occasione del naufragio di Lampedusa e rivolge parole di gratitudine a tutti gli italiani.

«Cari fratelli italiani, vi ringraziamo dal profondo del cuore per tutto quello che avete fatto per noi.
Ci avete salvato dalla morte, ci avete accolto a casa vostra, ci avete dato da mangiare, ci avete vestito, ci avete dato da dormire, ci avete curato quando stavamo male, avete accolto i nostri fratelli morti.
Non abbiamo parole per esprimere la nostra gratitudine, per ringraziarvi.
Solo Dio vi può ricompensare per la vostra bontà e per l’amore che avete verso di noi.
Ci avete considerato come fratelli addirittura per un minuto di lutto nazionale, abbassando la bandiera.
Questo ogni singolo eritreo non lo potrà dimenticare fin quando vive.
Avete anche organizzato la preghiera nel campo.
Noi ringraziamo tutti gli italiani che lavorano qui per il rispetto del nostro dolore e per averci confortato.
Per quelli che sono morti, che Dio li faccia entrare in paradiso.
All’Italia e a tutti gli italiani auguriamo dal nostro cuore che possiate avere sempre la pace, la serenità e che possiate continuare ad aiutare sempre gli altri.
Che Dio sia sempre vicino a voi. Amen». Gli ospiti eritrei del Cara di Palese (BA)

Queste parole fanno pensare a quanto grande possa essere un gesto piccolo se fatto con amore verso chi ha perso tutto. La stessa mediatrice culturale afferma che l’intenzione quotidiana di recarsi al centro per dare aiuto è giornalmente ricompensata dalla grande ricchezza di sentimenti e di gratitudine che riceve in cambio dai rifugiati. Molti eritrei, non appena ottenuto il permesso di soggiorno per tre o cinque anni, escono dal centro per andare a cercare occupazione e integrazione presso i Paesi del Nord Europa. Fa piacere pensare, che anche se per poco, siamo riusciti a dar loro speranza e aiuto per la ricostruzione di un futuro che auguriamo loro sia sempre migliore.

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