Il volontariato in Italia. Sorprese e domande

Quasi cinque milioni di persone impegnate nel volontariato secondo l'Istat. Un segnale di cittadinanza e solidarietà che si associa alla percezione di uno Stato indifferente
AMU

Un bel numero: 4.758.622. Tante sono, in Italia. le persone che si dedicano a qualche forma di volontariato, secondo i dati presentati da Sabrina Stoppiello, Stefania Della Queva e Manuela Nicosia del servizio censimenti economici dell'Istat alle Giornate dell'economia di Bertinoro lo scorso ottobre.

Giusto per dare un'idea delle dimensioni del fenomeno, Roma conta poco meno di 3 milioni di abitanti, e Milano poco più di 1 milione e 300 mila: le due città messe insieme non basterebbero a contenerli. E i numeri sono in crescita: l'Istat stima infatti un incremento del 43,5 per cento nel decennio 2001-2011, con punte del 350 per cento in provincia di Trento e del 123 per cento nel Lazio. La densità più alta di volontari si registra invece a Bolzano (3012 ogni 10 mila abitanti) e – indovinate un po' – in quel di Trento (1972): un bel distacco dalla media italiana di 801 volontari ogni 10 mila abitanti.

A che cosa prestano dunque la loro opera queste persone? Secondo il rapporto, circa il 60 per cento si dedica alla cultura e allo sport, tanto che il 27 per cento degli eventi sportivi, il 23 per cento di feste e sagre e il 21 per cento dei corsi per la pratica sportiva non potrebbe essere realizzato senza il loro sostegno; seguono l'assistenza sociale e la protezione civile (12,6 per cento), la sanità (7,1 per cento) e l'istruzione e ricerca (3,7 per cento). Ed  proprio in questi ultimi campi che la loro opera si fa più preziosa, tanto che nella sanità quasi un terzo degli addetti negli enti no profit che lavorano in questo settore è costituito appunto da volontari.

In quanto alle caratteristiche dei volontari sotto il profilo anagrafico e occupazionale, c'è qualche mito da sfatare: innanzitutto la maggior parte non sono né pensionati (il 27,5 per cento) né disoccupati (compresi nella voce “altre condizioni” al 16,9 per cento), ma persone che hanno un'occupazione: il volontariato non è quindi un banale riempire il tempo, ma richiede verosimilmente a molti di sacrificare almeno parte del proprio tempo libero. Colpisce poi la scarsa presenza della componente giovanile, dato che appena il 20 per cento dei volontari ha meno di trent'anni: la maggioranza si colloca infatti tra i 30 e i 54 (43,3 per cento). Anche sul fronte della presenza femminile, poi, si potrebbe fare di meglio: a livello nazionale è infatti ferma al 38 per cento. La metà esatta dei volontari ha come titolo di studio il diploma superiore, mentre quasi il 30 per cento possiede la licenza media e poco più del 20 la laurea: percentuale quest'ultima che si discosta significativamente nel caso del settore dell'istruzione e della ricerca, in cui il 44 per cento dei volontari si è guadagnato il sudato pezzo di carta. Vale la pena notare, poi, che questo è l'unico campo in cui a predominare sono le donne (54 per cento).

Al di là dei numeri, le tre ricercatrici hanno voluto evidenziare tre componenti fondamentali di questo fiorire del volontariato: l'anima solidaristica, come risposta ai bisogni della propria comunità; quella espressiva, come esigenza di socializzazione; e l'anima partecipativa, come forma di cittadinanza attiva. Un risveglio dell'interesse verso il bene comune, stimolato da uno Stato percepito come sempre più distante e dall'indifferenza

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