Il vento di una nuova stagione

Analisi severa e segnali di speranza nella prolusione del presidente Cei. Che indica un nuovo soggetto nel rapporto con la politica
tricolore

Sarà stata anche la sessione autunnale del Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana, ma segnali di primavera sono partiti dalla prolusione del card. Bagnasco. Una brezza fresca e stimolante che sgombra l’aria, tra il resto, da quei miasmi del linguaggio dominante troppo spesso fuorviante e anestetizzante. Restituisce dignità all’essere cittadini sentire chiamare le cose con il loro nome quando si tratta di situazioni vissute dalle gente in prima persona.

 

«La crisi economica e sociale è più vasta e potenzialmente devastante», evidenzia subito il presidente della Cei senza giri di parole, manifestando «apprensione per le pesanti conseguenze sulla vita della gente», tanto da evocare «un oscuramento della speranza collettiva», sin quasi a sfociare in una «sacrificata rassegnazione».

 

Possono i vescovi, davanti a questo scenario, essere «spettatori intimiditi»? Il cardinale ne indica il ruolo in questo frangente: «Interlocutori animati da saggezza» per «risvegliare la speranza». Una saggezza che afferma con forza e chiarezza che nulla è ineluttabile: né la speculazione finanziaria internazionale tornata a dominare la politica, né la frammentata e inconcludente Unione europea, né tanto meno la classe politica del nostro Paese.

 

E proprio parlando dell’Italia il card. Bagnasco è quanto mai netto. Inanella una serie di frasi – «colpisce la riluttanza a riconoscere l’esatta serietà della situazione», «amareggia il metodo scombinato con cui a tratti si procede», «rattrista il deterioramento del costume e del linguaggio politico» e «stili di vita difficilmente compatibili con la dignità delle persone e il decoro delle istituzioni e della vita pubblica» –, frasi che, stigmatizzando una prassi prevalente, invasiva e data per irrimediabile, suonano come un appello ai cittadini pensanti e onesti e sollecitano una reazione composta, ma pronta, corale e pubblica.

 

«I comportamenti licenziosi e le relazioni improprie», continua il presidente della Cei, «ammorbano l’aria e appesantiscono il cammino comune», tanto che «la questione morale è un’evenienza grave nella dimensione politica». Egli giunge alla radice della degenerazione di certi comportamenti politici: «Si tratta non solo di fare in maniera diversa, ma di pensare diversamente». Ecco che la crisi della politica è prima di tutto una crisi culturale ed etica.

 

Non manca il monito ai vertici del Paese: «Chi rientra oggi nella classe dirigente del Paese deve sapere che ha doveri specifici di trasparenza ed economicità», «è sull’impegno a combattere la corruzione che la politica è chiamata a severo esame». E non manca l’indicazione al giusto approccio: «Bisogna reagire con freschezza di visione e nuovo entusiasmo, senza il quale è difficile perseguire qualunque sviluppo».

 

Sembra proprio che, per il cardinale, stia rapidamente chiudendosi una stagione politica. Nella problematica situazione internazionale, la fortemente precaria situazione italiana desta preoccupazione. Non mancano però, sostiene il presidente Cei, segnali incoraggianti di «partecipazione» e «nuova consapevolezza» nel Paese, ad incominciare dalla comunità cattolica, con il suo «giacimento valoriale ed esistenziale». Compresi i media, «diventati dei concreti laboratori di idee e dei riferimenti ormai imprescindibili».

 

Ma l’ora attuale esige di più, sembra affermare Bagnasco. Non bastano le tante iniziative del variegato mondo cattolico. Egli guarda con benevolenza ad «un soggetto culturale e sociale di interlocuzione con la politica, che – coniugando strettamente l’etica sociale con l’etica della vita – sia promettente grembo di futuro». È un soggetto che «sembra rapidamente stagliarsi all’orizzonte».

 

Un nuovo partito cattolico? Parrebbe escluderlo. Il cardinale infatti precisa subito: «Senza nostalgie, né ingenue illusioni». E allora? Non un nuovo partito ma un nuovo interlocutore per la politica, dove i cattolici di centrodestra («etica della vita») e quelli di centrosinistra («etica sociale») ritrovino il patrimonio indivisibile che li unisce, che li può rendere maggiormente credibili e dialogici per collaborare con tutti i cittadini e le forze pensanti e amanti questo nostro Paese. Può trattarsi di una primavera. Il presidente dei vescovi italiani invia un segnale perentorio: non c’è tempo da perdere.

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