Il tempo infinito dentro i centri di accoglienza

Passata l’emergenza e garantito vitto e alloggio si pone un nuovo problema: come trascorrono le ore migliaia di persone distanti da un centro abitato?
Un bambino nel centro di accoglienza

La situazione generale dell’afflusso di immigrati dall’Africa non sembra trovare un suo equilibrio. La macchina politica sta avviando un percorso, il cui esito al momento è quanto mai incerto. La situazione a cui assistiamo oggi non è altro che il risultato di decisioni drastiche e selettive messe in atto in un recente passato senza prospettive di lungo termine, con l’aggravante di compromettere fortemente anche il rapporto tra gli Stati all’interno dell’Europa e  il rapporto con l’ Africa. Al momento però risulta veramente urgente trovare posto per le migliaia di immigrati già sbarcati nel territorio nazionale.

 

Le regioni meridionali confermano la tradizionale e meritata fama di essere accoglienti e così anche nel piccolissimo comune di Mineo, nei pressi di Catania, ci si è trovati ad organizzare un ricovero per tutti in un tempo ristretto e in condizioni non certamente semplici. Ben lontano dal centro abitato, il Villaggio della Solidarietà accoglie oltre mille persone. Ma di posti ce ne sono molti di più, visto che sino a pochi mesi fa la struttura, che tutti ancora chiamiamo con il suo nome originario, Residence degli Aranci, accoglieva il personale della base di Sigonella, che all’interno aveva riprodotto un campus americano.

 

Passate le polemiche iniziali ora bisogna fare i conti con la gestione della vita quotidiana: uomini giovanissimi provenienti da molti Paesi africani, interi nuclei familiari con bambini ancora in tenera età, una babele di lingue e di colori, anche della pelle. La Croce Rossa accoglie e gestisce in piena efficienza gli aspetti logistici e non ci sono problemi né per mangiare, né per vestirsi. L’esercito circonda tutta l’area così da evitare fughe dalle recinzioni, però gli ospiti possono liberamente muoversi registrando il transito al cancello sia in entrata che in uscita, con un lasciapassare di riconoscimento.

 

Tuttavia un problema c’è: il tempo. Cosa fanno tutte queste persone raccolte insieme in un’unica area circondata solo da agrumeti e da campi di grano? Come trascorrono le ore? Sino ad oggi la domanda non ha risposta. A parte qualche partita di calcio è molto difficile avviare attività e iniziative che possano attirare l’interesse di chi scalpita per avere libertà, casa e lavoro, anche e soprattutto fuori dall’Italia. Proprio in queste ore si stanno mettendo insieme i soggetti istituzionali per cercare qualche soluzione. il Comune, la Parrocchia, la Croce Rossa e, forse, qualche associazione di volontariato. E’ in fondo l’occasione in cui tutti cittadini sono chiamati ad impegnarsi per esprimere solidarietà, non con i sentimenti ma con i fatti, spendendo il proprio tempo per dare senso al tempo degli altri.

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