Il tempo della mia vita si consuma in pienezza

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Marisa Madieri è stata una scrittrice la cui esperienza letteraria si è esaurita in un arco brevissimo di tempo, appena 15 anni, lasciandoci solo circa 250 pagine. Eppure l’interesse per le sue opere cresce di anno in anno, si moltiplicano le traduzioni in molti paesi, studi critici e tesi di laurea. Quando nel 1987 appare Verde acqua per i Nuovi coralli della Einaudi, sia la critica che il pubblico legge con estremo interesse il libro e Geno Pampaloni parla di un piccolo classico contemporaneo della memoria. La Madieri ha svolto fino a quel momento il suo lavoro di docente nei licei e, molto sensibile ai problemi della vita nascente, si è impegnata in prima persona nella vicenda referendaria per l’aborto, creando un centro di aiuto alla vita a Trieste, città nella quale era approdata bambina da Fiume, nella grande diaspora degli italiani istriani, e nella quale conobbe, fin dagli anni scolastici, il giovane Claudio Magris, che diventerà in seguito suo marito. Nel 1992 pubblica sempre per Einaudi La radura, una stupenda favola di struttura e architettura molto diverse dal primo libro. Se Verde acqua è un racconto diario che si stende nell’arco di 3 anni, dal 21 novembre 1981 al 27 novembre 1984, dove la memoria del passato ritorna a farsi struggente evocazione di un drammatico passaggio esistenziale, con La radura ci troviamo di fronte ad un racconto fortemente autobiografico, metafora di un’adolescenza segnata precocemente dal dolore e dalla morte. Scrive inoltre alcuni racconti su varie riviste letterarie e che verranno pubblicati postumi, da Scheiwiller. Negli anni Settanta la scoperta della malattia, di cui parla nelle sue opere con lucida e trasparente serenità, con la quale convivrà per circa 20 anni, dando testimonianza di una forza d’animo e di un temperamento eccezionali: Forse un granello che ho scoperto di nuovo al seno mi ricorda l’ombra con cui dobbiamo convivere. Ogni vita porta con sé il seme della sua distruzione. Ma domani partiremo tutti assieme per le nostre isole abitate dagli dèi… Per dodici giorni sarò anche io immortale. Sa essere infatti, fino alla fine dei suoi giorni, moglie e madre tenera ed affettuosa, donna dal grande coraggio e dall’impegno sociale forte, e nello stesso tempo scrittrice di sorgiva trasparenza che trasfigura sulla pagina, stilisticamente perfetta, la concezione della vita come dono. Negli ultimi mesi della sua vita comincia a scrivere un nuovo romanzo: Maria e un racconto intito- lato La conchiglia. Entrambe le stesure sono interrotte dalla sua morte: è il 9 agosto 1996. Oggi la Einaudi ripropone l’intera sua opera in un agile volume, nelle edizioni tascabili, col titolo Verde acqua – La radura e altri racconti con introduzione di Ermanno Paccagnini e una postfazione di Claudio Magris che è testimonianza viva di un sentimento che conserva il sapore dell’eternità, ma anche scoperta partecipazione ad un’esperienza letteraria densa e straordinaria. Tra l’altro Magris scrive: La stesura della Conchiglia è stata interrotta dalla sua morte… Interrotta… non abbandonata né lasciata perdere nella stanchezza della malattia.Anche se perfettamente consapevole della sua situazione, guardata in faccia con piena lucidità e assoluto coraggio, Marisa fino all’ultimo, non ha lasciato perdere niente, affetti, passioni interessi doveri curiosità giochi amicizie piaceri doni di sé agli altri, e ha anche continuato a scrivere le storie che aveva in mente: con amore e con calma, come sempre, senza smania di gareggiare in velocità col male, senza sopravvalutare lo scrivere nella condizione in cui si trovava, ma amandolo fortemente e trasfondendovi l’incanto, il disincanto e la pietas che aveva per la vita e per le cose. In ogni pagina del volume si ammira l’asciutto rigore di chi sa dosare la parola nella semplicità che è segno univoco di profondità interiore, e si intuisce, nella scrittrice, la convinzione che non c’è esistenza priva di valore, né essere umano che non meriti attenzione: è l’umanità intera che va guardata con gli occhi dell’anima, perché gli occhi dell’anima vedono lì dove spesso la pura razionalità non arriva; un’umanità chiamata ad essere una fraternità dove ognuno possa trovare il proprio spazio, la propria dimensione nella libertà. Ma se è la verità che vi farà liberi , quale la verità dalla quale Marisa attinge e nella quale cerca la propria e l’altrui libertà? Leggiamo da Verde acqua: Ieri insegnando un po’ di greco a Paolo, ho notato che non distinguevo bene lo spirito aspro da quello dolce e nello specchio della Lanterna, il vecchio stabilimento balneare vicino al porto, ho visto brillare alcuni fili bianchi sulle tempie. Il tempo della mia vita si consuma in pienezza. Il giorno tiepido e ventoso mi porta nello studio dove scrivo, soffici e malinconici rumori dall’esterno. Io non amo il declinare dell’anno, il trascorrere troppo rapido delle stagioni. Vorrei un tempo che non passa, l’ora della persuasione, poiché so che nulla di più bello del presente che vivo mi attende. Claudio Magris ricorda che per Marisa Madieri costante era la lettura del Vangelo, suo libro e punto di riferimento. In quelle pagine antiche e nuove Marisa si specchia per capire, e lì trova la dimensione di libertà che le permette di rapportarsi con tutti gli uomini del suo tempo di fede religiosa e non, di culture e tradizioni diverse, e di affrontare le proprie battaglie con coraggio. Sì, la Madieri sa che, se ogni uomo è chiamato alla verità, la strada per raggiungerla non è la stessa per tutti. La visione della vita che le proviene dal Vangelo e che traspare senza alcuna ostentazione da tutti i suoi scritti è il rispetto della diversità, l’attenzione per ogni creatura, il servizio gioioso e disinteressato che nella reciprocità possono generare unità: Una sera all’Elba, a casa di amici, dove cenavamo insieme… mi sono scoperta a pensare… versando le porzioni nei piatti, ai nostri destini incrociati e imprevedibili, uniti dal vincolo dell’amicizia e dell’affetto eppure necessariamente divergenti. Vedevo lo sguardo passionale di Irene, il sorriso candido di Angela, il viso solare di Barbara, l’espressione severa di Beppino, gli occhi luminosi di Francesco e quelli maliziosi di Paolo. Il volto di Claudio ardeva mobile nell’ombra. Dove sarebbe fuggita l’armoniosa unità di quell’ora?. La Madieri coglie nel profondo il senso dell’amore evangelico che non è mai imposizione, né massificazione religiosa, né saccente integralismo, ma condivisione totale nella vita di ogni giorno. E testimonia questa sua fede nella famiglia, nelle amicizie, nell’insegnamento, nel volontariato, nella letteratura, tanto da far scrivere a Claudio Magris: Rigorosità e chiarezza le hanno permesso di indagare e rappresentare la complessità della vita, la sua ambiguità, la sua ombra e il suo mistero, così come è quella coscienza del male (della violenza, della falsità, del dolore e della morte) a rendere reale la carità, l’amore del prossimo, la fraternità con tutte le creature. È questa l’eredità spirituale e letteraria di una scrittrice che ci ha lasciato parole forti che sanno essere, come scrive Paccagnini nell’introduzione, dono e mistero, caos originario e dissolvimento, purificazione e grembo, avventura e memoria; e ancora preghiera dalle parole semplici; e poesia: in cui colori e trasparenze, riverberi e increspature appaiono lo specchio delle nostre passioni e dei nostri pensieri, il simbolo del mutamento e dell’eterno ritorno, in un respiro cosmico che diventa percezione dell’armonia delle relazioni, ma anche attesa di un pensiero creativo leggero come il vento, capace di renderci veramente liberi e fratelli.

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