Il reato di clandestinità e l’Europa

La Corte di giustizia europea si è pronunciata contro il nostro ordinamento, in contrasto con la direttiva europea sui rimpatri. I giudici non possono disattenderne le indicazioni
Clandestino

Su ricorso della Corte di Appello di Trento, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha preso in esame la disposizione del nostro ordinamento che prevede il reato di clandestinità. Questo reato si configura quando un cittadino extracomunitario non obbedisce ad un provvedimento di espulsione e viene “scoperto” dalle forze dell’ordine ancora a spasso sul nostro territorio. In questo caso viene arrestato e processato per il reato, appunto, di clandestinità.

 

La Corte di Giustizia nei giorni scorsi ha emesso una sentenza che consente espressamente ai Giudici italiani di non attenersi alla nostra legge perché è contraria ai principi che ispirano la Direttiva rimpatri, che tratta analoga materia.

Questa Direttiva tuttavia non considera la clandestinità come un reato, ma disciplina in maniera ampia e dettagliata il comportamento e le soluzioni che uno Stato deve adottare quando sul proprio territorio vi sono persone che vi soggiornano in maniera irregolare, ossia senza permesso di soggiorno.

 

L’Italia in questi ultimi anni si trova proprio in questa situazione, lo sappiamo tutti. Ma anziché adoperarsi per recepire la Direttiva comunitaria richiamata dalla Corte, e che risale al 2008, ha emanato una legge che è fondata su principi molto restrittivi ed in contrasto con lo spirito della Direttiva stessa. La Corte ha preso atto della nostra situazione ed ha statuito di conseguenza, con il risultato che ora deve essere serenamente disattesa una parte – non irrilevante – di una legge italiana.

 

Il comunicato stampa della Corte di Giustizia ha sinteticamente espresso le ragioni di questa clamorosa sentenza: «Una sanzione penale quale quella prevista dalla legislazione italiana può compromettere la realizzazione dell’obiettivo di instaurare una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio nel rispetto dei diritti fondamentali».

 

Solo due minime considerazioni. La prima è che se l’Italia invoca l’aiuto dell’Europa per affrontare l’immigrazione massiccia di questi anni, dovrebbe allinearsi, prima di tutto, alla normativa europea in cui potrebbe trovare spunti per una soluzione.

La seconda è che dalla Corte impariamo che il rispetto dei diritti fondamentali rappresenta la premessa di ogni decisione, nazionale e locale, e che forse dovremmo rileggere almeno la Carta dei Diritti dell’uomo prima di imboccare strade da cui prima o poi dobbiamo obbligatoriamente tornare indietro.

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