Il rating che non salva l’azienda

Un lettore ci ha chiesto notizie di Antonello,l'imprenditore strozzato dalla crisi e dall'illegalità di cui abbiamo raccontato nell'articolo di Città Nuova "La gente dell'altra Calabria". La risposta è arrivata e racconta la drammaticità di una resistenza silenziosa che chiede sostegno
Un trattore

Pubblichiamo integralmente la lettera dell'imprenditore calabrese di cui ci aveva chiesto notizie un nostro lettere nel box della posta di Città Nuova a seguito del nostro articolo "La gente dell'altra Calabria". Abbiamo messo le iniziali dei nomi per rispetto della privacy.

«NO, non sono fallito. O meglio ancora no, perché sono testardo, sono orgoglioso, tenace, o semplicemente incosciente. Sì perché se ti dovessi raccontare tutto quello che è successo, negli ultimi tre anni nella mia azienda mi diresti sei un folle a tenere in piedi quest’attività.

La mia azienda aveva un fatturato  che oscillava intorno ai due milioni e mezzo di euro, le banche ci correvano dietro per affidarci, per proporci investimenti e quant’altro per ovviamente avere anche il loro tornaconto, ma con l’arrivo della valutazione aziendale tramite il famoso ” rating”  tutto finisce. Già una formula caricata su un computer dice che il tuo rating non è AAA e tu non sei più nessuno.

La tua azienda che ha avuto una crescita costante nel tempo, che esiste dal 1966, che non ha avuto mai alcun tipo di problema, che ha ingrassato le banche, oggi non vale più nulla, anzi è diventata un problema da eliminare.
E mio padre? Che ha creato quest’ attività dal niente? Non è più nessuno.
E i miei dipendenti? Che si sono cresciuti in azienda e hanno famiglia?Bisogna licenziarli. E tutti quelli che nel tempo abbiamo aiutato? Gli amici che ti giravano attorno perché gli facevi comodo? Svaniti nel nulla.
Si sono un folle, un folle innamorato della sua azienda, della sua azienda in questa terra, terra dove sono nato, mi sono formato, e dove ho imparato a vivere.

Ma oggi è dura, oggi sto imparando che per andare avanti devi essere qualcuno, o amico di qualcuno, e non parlo solo del mafioso di turno, ma devi avere l’amico potente, il politico influente, o magari far parte di quella loggia massonica, o avere tanti e tanti soldi. Si è triste ma è cosi, non contiamo più nulla conta solo quanti soldi hai e tutto il resto viene di conseguenza.
Gli amici, gli affari…Se hai tanti soldi i tuoi affari vanno a gonfie vele, gli amici si fanno in quattro per compiacerti, tutti ti dimostrano stima e affetto se hai tanti soldi, la vita è più semplice, problemi zero, o se arrivano si risolvono in un attimo.
Io non ho amici potenti, e sto alla larga dal mafioso, e i politici …lasciamo stare.

Ma un amico c’è l’ho, uno che è il più potente di tutti, uno che cerco di seguire, imitare, comprendere, amare, si chiama Gesù. E’ grazie a lui che riesco ad andare avanti, e grazie a lui se la sera torno a casa dopo una giornata in cui mi è capitato di tutto, umiliazioni, discussioni con creditori, con debitori, gente a cui hai dato tanto e che oggi ti nega tutto, e trovo le mie donne.

Si è lui che ha fatto in modo che sposassi G. una donna fantastica stupenda meravigliosa sono pazzo di lei,  e lui che ci ha donato nostra figlia R., oggi ha sei anni: è un peperino ed è la mia principessa. Ed è sempre lui che ci ha donato A. nata con la sindrome di down e con un problema al cuoricino per il quale circa un anno fa a pochi mesi di vita ha subito un intervento a cuore aperto superato alla grande, è un angelo, nel vero senso della parola dà gioia e serenità a tutti noi.

Ecco se non avessi loro avrei già gettato la spugna, mi sarei arreso, e invece vado avanti aspettando un segno, un suo aiuto, un miracolo, sì perché ormai per salvare la mia azienda ci vorrebbe proprio un miracolo, e io ci credo…sì ci credo perché deve aiutarmi a salvare la mia azienda, deve aiutarmi a sostenere i miei dipendenti, i miei familiari.

E’ la mia croce? Può darsi, e se cosi fosse devo sforzarmi di portarla con dignità, anche quando la disperazione si impadronisce di me. Ci sono delle mattine( ormai quasi tutte) che mi alzo con una angoscia addosso per la paura di quello che dovrò affrontare durante il giorno, e spesso non trovo conforto neanche nella preghiera. Ora mi fermo perché rischio di raccontarti tante altre sciocchezze anche se un’altra cosa voglio dirtela: sai cosa non capisco?

Non capisco perché se il Signore è uno, e i cristiani amiamo solo un Dio perché non parliamo la stessa lingua?
Perché siamo chiusi in noi stessi, ognuno sta nel suo orticello spaventandosi se qualcuno cerca di entrarvi magari solo per farti un complimento. Perché quando siamo a messa siamo tutti concentrati nella preghiera, ascoltiamo il vangelo, e appena usciamo fuori non mettiamo in pratica gli insegnamenti di Gesù?

Perché non riesco a dire al direttore di banca che mi perseguita per rientrare sul conto corrente: «Si fidi di me sto pregando tanto Dio affinchè mi aiuti a risolvere i problemi della mia azienda e so che non mi deluderà»?
Perché Gesù lo teniamo nei nostri cuori, nelle nostre case, nei nostri pensieri e non lo esterniamo? Il direttore di banca ci darebbe più credito se ci presentassimo a lui con il Potente di cui parlavo prima a farci da garante, e si metterebbe a ridere se gli dicessimo sono una persona onesta, perbene, sono un cristiano e so che il Signore non mi abbandonerà.
 
Ho scritto d’impulso, a braccio. Si ho scritto quello che penso, così come lo penso.
Forse se rileggo tutto inizio a correggere o a cancellare qualcosa, ma il mio amico Angelo mi ha detto che dovevo rispondere alla tua domanda e farlo sinceramente senza pormi problemi di forma o altro, e quindi  lascio tutto cosi sperando di non aver fatto troppi errori o di sembrare troppo infantile soprattutto nell’ultima parte; ma del resto non ci ha detto LUI che dobbiamo essere come bambini.
 
                                                     Grazie  Antonello
 

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