Il presidente e il cardinale

Incontro ad Assisi tra Giorgio Napolitano e Ravasi. Un dialogo tra credenti e non sulla fede e sull'importanza di operare insieme per il bene comune
La basilica di San Francesco ad Assisi.

Assisi, 5 e 6 ottobre 2012. Sul tema “Dio questo sconosciuto” è in programma un dialogo tra credenti e non credenti, nell’ambito del più ampio e già avviato laboratorio “Il cortile dei gentili”.
Aprono i lavori, e si presume ciascuno per la sua “parte”, Giorgio Napolitano e Gianfranco Ravasi. La cosa che più mi interessa è sentire le parole del presidente, un uomo di 87 anni che pare venire da lontano. I ruoli paiono già assegnati, il credente e il non. I fatti invece hanno poi scombinato le aspettative mie e di tutti, presumo.
 
Ferruccio De Bortoli, moderatore, richiama Giovanni XXIII: cercare ciò che unisce e non ciò che divide. E questo sarà il sentimento che muoverà i due dialoganti.

Napolitano legge una relazione di altissime vedute, e con tante significative citazioni, con grande energia. Cita l’empatia con Ravasi, peraltro reciproca. Inquadra questo incontro tra credenti e non credenti dal punto di vista del suo alto ruolo: rappresenta gli uni e gli altri, e tende ad unire e superare gli steccati, lavora per il bene comune.

Si sofferma sulla rinascita dell’Italia sulle rovine del fascismo, grazie al dialogo nell’Assemblea Costituente, come evocando un ritorno ad un clima analogo: obiettivi comuni e condivisi che uniscano. Cita Leopoldo Elia: una convergenza di valori che vada oltre l’homo oeconomicus, lavorando per il pieno sviluppo della persona umana, qualunque ne sia la provenienza.
Una citazione di Francesco Saverio Nitti, in un momento delicato della Costituente: «Perché ci dovremmo dividere sul nome di Dio? Dio è troppo grande e le nostre contese troppo piccole».

E poi ancora, un richiamo da Concetto Marchesi, suo collega di partito: «Ho sempre respinto l’ipotesi atea, che Dio sia una ideologia di classe. Dio è nel mistero del mondo. E delle anime umane».
Poi Norberto Bobbio: «Vorrei funerali civili, credo di non essermi mai allontanato dalla religione dei padri, ma dalla Chiesa sì: è troppo tempo per tornarvi di soppiatto all’ultima ora. Come uomo di ragione e non di fede so di essere immerso nel mistero, che la ragione non riesce a penetrare».

Legge brani di una lettera personale di Benedetto Croce del ’49 a De Gasperi: «Che Dio ti aiuti! Perché anch’io credo a modo mio… Che Dio ti aiuti nella buona volontà di servire l’Italia e di proteggere la sorte pericolante della civiltà, laica o non laica che sia».
Qui il presidente per alcuni istanti è visibilmente commosso: vedo la sua immedesimazione in queste parole di laico/credente, e anche il suo condividere con De Gasperi la passione del servire l’Italia.
 
Il presidente termina con un auspicio di grande fascino: occorre rivisitare la nozione del bene comune che si perde nei comportamenti personali e collettivi, in un quadro politico inadeguato, con spinte centrifughe e tendenze verso la frammentazione, il degrado del costume, lo scivolamento nell’immoralità. Occorre concentrare gli sforzi, come alla Costituente, tra tutti, rianimare senso dell’etica e del dovere, in una nuova consapevolezza dei beni spirituali. Abbiamo bisogno in tutti i campi di apertura, di reciproco ascolto e comprensione, di dialogo, di avvicinamento, di unità nella diversità. Cioè, dello spirito di Assisi.
 
Sono spiazzato, non mi aspettavo tanto, pur avendo grande fiducia in quest’uomo che racchiude in sé il meglio dell’Italia ed è forse la sola istituzione che ancora regge. Terminare una relazione “laica”, pur di grande respiro, invocando la Trinità – forse senza saperlo – non me lo aspettavo proprio.
 
Ma sono in buona compagnia: il cardinal Ravasi si dice imbarazzato, dopo un tale discorso dovrebbe parlare dal punto di vista del credente, ma non può, spiazzato pure lui. Parla di finezza umana straordinaria in Napolitano. Ammira la sua laicità, che rispecchia in pieno quanto dice. E poi si concentra sull’umanità, base comune infinitamente superiore alle distinzioni pur necessarie, e sulla grave malattia dei nostri tempi: l’amoralità, il grigiume in cui non esiste più bene e male.
 
Il dibattito prosegue, e il presidente riprende il suo pensiero: in Italia si vive un equivoco, la reciproca delegittimazione e negazione, la contrapposizione sterile, si tende all’omologazione piuttosto che alla valorizzazione delle diversità. De Bortoli termina rivolgendo ai due una domanda personale, sulla loro fede.

Inaspettatamente, Ravasi dice dei suoi dubbi, cita Giobbe, l’oscurità. La fede è incontro d’amore, tutti siamo stati innamorati nella vita. E si deve vivere il rischio del silenzio dell’altro.

Napolitano, forse con po’ di pudore, ricorda la sua gioventù, quando si è allontanato da una prassi che non dava risposte. Poi lascia intendere che, terminato il suo dovere presidenziale, si dedicherà a questi interrogativi…  e pare quasi rimproverare, dolersi, di non essere toccato dalla Grazia.
 
Sulla piazza della Basilica inferiore di Assisi il sole, un caldissimo sole ottobrino, ad un certo punto svanisce, la temperatura scende. Mi copro, tutti si coprono, e mi chiedo di questo uomo quasi novantenne, che a tratti mi ricorda mio padre, se sta ben coperto, se sotto la camicia porta la maglia di lana…
 
Abbiamo assistito ad un “dialogo” vero, credo: Dio non era più uno sconosciuto, in quel contesto. Un credente e un non credente che si sono invertiti i ruoli, ognuno cercando le ragioni dell’altro. Chi ragiona dell’umanità, chi invoca rapporti trinitari.
 
Il giorno dopo sento qualche parere, gente entusiasta: questo incontro tra uomini, nel senso pieno del termine, pare rilanciare speranze sul futuro politico, civile e morale dell’Italia. Grazie presidente, grazie cardinale: fateci sognare, ancora.
 
Qui il link per vedere tutti i lavori di “Dio questo sconosciuto”
http://www.sanfrancescopatronoditalia.it/cortile_francesco/webtv.php

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