Il nuovo governo e la sua immagine

L’esecutivo Monti dovrà conquistare gli italiani anche con un'adeguata politica comunicativa
governo monti

La vicenda che ha portato a Palazzo Chigi Mario Monti, orchestrata con sapienza da un presidente della Repubblica che viaggia sul 90 per cento di opinioni favorevoli da parte della popolazione italiana, ci ha riportato alla sobrietà e alla essenzialità delle procedure istituzionali del dopoguerra: ora come allora, l’emergenza economica e sociale impone riservatezza e asciuttezza dei protocolli. Evviva! Ora il governo dovrà dimostrare di essere in grado di tirar fuori la barchetta dell’economia italiana dalla tempesta finanziaria globalizzata. Lo farà con i suoi atti, le sue parole, le sue prese di posizione, le sue leggi.

 

Ma in questi frangenti non si può dimenticare che il mondo è cambiato, che è in corso una rivoluzione digitale che fa impallidire quella industriale, che anche i modi di comunicazione sono radicalmente mutati. Se, per intenderci, i governi di De Gasperi erano i governi della radio, tutti essenzialità, e se Berlusconi ha basato la sua fortuna politica sulla comunicazione televisiva della “società dello spettacolo”, Monti dovrà essere il premier della comunicazione dell’epoca della Rete.

 

Evidentemente ciò non significherà che il premier imiti Obama e i suoi BlackBerry, che si metta a “twittare” o a usare in prima persona Facebook. Non è questo il problema. Il problema che invece si apre alla comunicazione di Mario Monti e del suo esecutivo è quella di sapere intercettare il “sentire” del popolo con i giusti sensori posti nella Rete, e quella di sapervi rispondere con sobrietà ma anche con efficacia – senza tacchi a spillo, gossip e glamour –, ma con la forza delle argomentazioni e con la concretezza delle realizzazioni.

 

Paradossalmente, la Rete esige contenuti seri e duraturi, anche se – spesso vittima della frenesia e dell’istantaneità – rischia di apparire il regno dell’effimero. I “popoli” che si aggregano in Rete sono infatti di due tipi: quelli che trovano nella Rete stessa la loro ragion d’essere, e che hanno vita breve e poco costrutto (Monti avrà difficoltà ad intercettarli); e quelli che invece sulla Rete trovano un modo di comunicazione agile e rapido, un moltiplicatore di idee verrebbe da dire, per quanto hanno generato nella realtà (questi sono invece i “popoli” da intercettare”).

 

Che vuol dire? Monti e la sua squadra frequentino meno i salotti dei talk show (la tv generalista – e i quotidiani che vanno a rimorchio di tale tv – è in caduta libera), e facciano invece più comunicazione sulla Rete. Non frequentino i salotti buoni o le sacrestie interessate, ma la società civile e i movimenti giovanili che stanno rinascendo. C’è tanta gente disposta ad ascoltare proposte concrete e idee di giustizia, equità, rigore e sobrietà.

 

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